"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

10. Gioventù solo se bruciate

 


 

 

POLONIO: Quanto al principe Amleto, di lui credi che è giovane, e gli si dà più corda che non si possa a te…

(Atto I, sc. 3)

 

OFELIA: …e vedo quel giovane fiorente, senza pari, bruciato dalla pazzia.

(Atto III; sc. 1)

 

RE: …quel giovane pazzo…

(Atto IV, sc. 1)

 

«…l’asprezza è appunto il sintomo di una sofferenza incompleta.»

 (E. M. Cioran, Quaderni. 1957-1972, Milano 2001)

 

 

 

Amleto, Ofelia, Laerte, Rosencrantz, Guildenstern: a parte Orazio e Fortebraccio, muoion tutti i giovanotti che fanno un salto in Danimarca!  Il coro del politically correct oserebbe gridare che fu strage d’innocenti? – Ora qui sosterremo che la nostra distanza dal giovane Amleto sarà necessaria e necessariamente ironica. Intanto: già la semplice ricorrenza dei concetti e dei nomi legati all’ustionabile gioventù dice quanto si tratti di un tema: se infatti Hamlet viene detto in tutto il dramma 83 volte, young e youth ricorrono assieme 31. A questi si aggiungano sinonimi, metafore, perifrasi, e soprattutto – quasi all’inizio! - i due sermoncini di seguito contro la giovinezza di Laerte e di Polonio, e, infine, di quest’ultimo i ricordi di quando fu giovane lui, attore e innamorato fino quasi alla follia (e dunque figurale specchio del principe dissennato perfino nel suo hobby!).

 

 

Ma la giovinezza del protagonista implicherà la giovinezza del suo testo?

Nessun testo muore giovane, dunque nessuno lo è stato mai. Una parola stampata ustiona di nero la pagina per volare all’istante oltre lo specchio del tempo (per questo è stupida, ha scritto Platone).

Chissà; intanto è certo che la giovinezza resta a deperirsi al di qua. Resta al di qua a passare («Look in thy glass and tell the face thou viewest», Sonetto n. 3). Si strugge la giovinezza che nel testo si quintessenziò, e intanto il testo non ne sa niente: l’«inchiostro nero» (Sonetto n. 65) corre via da subito per una tangente opposta a quella della «troppo solida carne» che si disferà lasciando odori ben più grevi che «rugiada» (Amleto, Atto I, sc. 2; Atto V, sc. 1). – Capita del resto che da giovani si scriva proprio per questo: per far provvista di vita finché se n’ha, credendo che col problematico tepore dell’inchiostro si possa riscaldare un giorno le ossa artritiche del vecchio che «non» le scrisse (dallo Zibaldone di Leopardi all’Ultimo nastro di Krapp di Beckett).  

 

Su questa faccenda, per essere rigorosi toccherà farsi paradossali. Poiché sempre solo l’equivoca scrittura resta presente, toccherà pensarla come mago Merlino che attraversa il tempo all’incontrario: dall’apocalisse all’Eden. «Parole parole parole» che accorrono dal futuro verso un tempo - la giovinezza - già nato perduto; ed è chiaro che il viaggio delle parole di Amleto verso la giovinezza di Amleto corre come Achille verso la tartaruga, come la freccia di Zenone al suo bersaglio.

 

Tutto questo giro per ritrovarsi a dire una cosa che, a proposito dell’Amleto, è una delle prime cose che si apprende: Shakespeare, l’autore-attore,  non è il giovane Amleto, è il fantasma del padre di Amleto: un fantasma omonimo. Ovvero: Shakespeare è la scrittura merlina di Amleto, giovinotto dall’«agitato spirito barocco» (G. Manganelli, Contributo critico allo studio delle dottrine politiche del ‘600 italiano, Macerata 1999).

 

 

«L’intenso sentire, estatico o terribile, senza un oggetto o eccedente il suo oggetto, è qualcosa che ogni persona sensibile ha conosciuto; è senza dubbio soggetto di studio per patologi. Si verifica spesso nell’adolescenza…» (T. S. Eliot, Amleto e i suoi problemi, in Il bosco sacro)


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