AMLETO - Che cosa?
FANTASMA - Io sono
lo spirito di tuo padre…
(Atto I, sc. 5)
«Non si vede mai da
quale spirito si è spinti.»
(J. P. de Caussade,
L’abbandono alla Provvidenza Divina, 1741)
«…né d’Amleto il
padre palesa al prence veruna piaga di combustione,»
(J. Joyce, Ulisse)
«Nel dramma tutto dipende dalla
risposta di Amleto al fantasma» (H. Bloom, Shakespeare, Milano
2003): potrebbe dirgli di NO? - «…Hamlet si apre
con la domanda: perché lo spettro?» (G. Melchiori, Shakespeare,
Roma-Bari, 2005), e questo è già diverso, e assomiglia di più al modo in
cui Amleto si rapporta all’apparizione: da come risponderà a quel
perché, dipende il sì o il no: «The spirit that I have seen, / May be
a devil...» (Atto II, sc. 2), venuto a
tentarlo: non è accaduto anche al Cristo nel deserto (Marco, 1, 12s.;
Matteo, 4,1ss.; Luca; 4,1ss.)?
Di fronte all’ambiguo fantasma del padre, Amleto all’inizio crede, ma
l’agostiniano intellego ut credam, credo ut intellegam
(Anselmo d’Aosta, Monologion) non funziona: gli provoca effetti
del tutto contrari. Più ragiona più dubita, e per credere dovrebbe
tagliarsi la testa.
«I phantàsmata che il
Fedone (81d) o il Timeo (71a) non separano dagli
éidola, sono figure delle anime morte, sono le anime dei morti: quando
non si trascinano nei pressi dei monumenti funerari e delle sepolture (Fedone),
si aggirano per le anime di certi viventi, giorno e notte (Timeo).”
(J. Derrida, Spettri di Marx, Milano 1994).
Lo Spettro di Amleto fa tutt’e due le
cose. Ma forse dalla fine del terzo atto non c’è più.
Fin là è una tentazione del fantasma è
fortissima perché spiega la morte del padre come Amleto vuole sospettarla
(«O anima presaga! Mio zio!», Atto I, sc. 4): «Tutto ciò che al
soggetto appare privo di spiegazioni e che ha bisogno di essere
“teorizzato”, tutto questo è drammatizzato come un momento di emergenza,
come l’inizio di una storia.» (J. Laplanche e J. B. Pontalis,
Fantasma originario: origini del fantasma, Bologna 1988);
«l’invisibilità di questa fonte è spesso accentuata dal fatto che essa
consiste soltanto in una voce autoritaria che pronuncia giudizi
definitivi» (C. G. Jung, Fenomenologia dello spirito nella fiaba,
1946/48); è una fallofania che – dice Lacan – blocca
Amleto in «una serie di lutti incompiuti», che fa di Amleto «la
conseguenza di tale incompiutezza» (R. Galiani, Amleto e l’Amleto
nella cultura psicoanalitica, Torino 1997).
Se non è una follia (nevrosi? psicosi?)
e il fantasma è vero, si può allora pensare che proprio il fantasma del
padre dissesti Amleto, e impedisca che faccia il suo corso il lutto
naturale del figlio: progressivo slittare del morto fuori della vita,
vuoto che saprà cosa abitare dell’anima senza però invaderla e devastarla.
E’ il lutto secondo ragione («il cui luogo comune è la morte dei
padri, e che ha gridato sempre, dal primo cadavere fino all’uomo che è
morto oggi, così dev’essere», Atto I, sc. 2) che vorrebbe il
Re per il suo nuovo figlio.
Che sia il fantasma
il dissestatore di Amleto è anche l’opinione di Cavell, che abbiamo
riportato in
Il Trapassato
prossimo.