SACERDOTE - Per queste esequie abbiamo largheggiato fino al lecito. La sua
morte lascia dei dubbi. E se non fosse che l'ordine dei grandi prevale
sulle regole, ella sarebbe posta in terra non consacrata, fino all'ultima
tromba.
(Amleto,
Atto V, sc. 1)
«Il suicidio non è confutabile filosoficamente. Esso è l’unico mezzo per
liberarci da questa momentanea configurazione della volontà. Perché non
dovrebbe essere permesso di sbarazzarci di qualcosa, che il più casuale
evento della natura può infrangere in ogni minuto?»
(F.
Nietzsche, Frammenti postumi. Vol. I: Autunno 1869-Aprile 1871,
Milano 2004)
Dei preti si parla male subito e lo fa
– l’avremmo mai detto? – Ofelia, che da morta verrà svillaneggiata da uno
squallido pretaccio che senza fede ne officerà il funerale. Dice al
fratello Laerte, che le ha appena fatto la predica sui suoi doveri di
vergine, di «non fare come certi pastori senza grazia che ci mostrano
l'erta spinosa del cielo e intanto, libertini impudenti e sfrenati,
calpestano le primule sulla via del piacere, sordi alle loro stesse
prediche» (Atto I, sc. 4): non l’avrebbe invitata neppure Santoro a
parlare ad Anno Zero.
Sul cristianesimo dell’Amleto,
ci pare equo questo bilancio di Frye:
«Lo Spettro soffre tanto in purgatorio
perché è stato ucciso prima di potersi confessare e pentire. Amleto decide
pertanto di non uccidere Claudio mentre sta pregando perché vuole essere
sicuro che vada all’inferno e non in purgatorio. Il sentimento può anche
essere sincero nel momento specifico ma porta con sé l’idea che una volta
arrivati all’altro mondo ci ritroveremo a correre su una insensata rotaia
automatica che spedirà all’inferno chi muore ubriaco e in purgatorio chi
muore pregando. Se si trattasse di un caso isolato potremmo anche pensare
ad una scusa inventata da Amleto, ma sembra invece che il principe sia
piuttosto convinto o si sia lasciato convincere dallo Spettro. Ci tiene a
sottolineare che Rosencrantz e Guildenstern debbono essere uccisi «senza
dar loro tempo di pentirsi» e quando scopre che l’uomo nascosto dietro
l’arazzo è Polonio e non Claudio commenta: «Subisci il tuo destino» (III,
iv). A quanto pare tutto dipende dalla tempestività dell’arrivo di un
religioso. E non è quindi molto rassicurante scoprire che l’unico
sacerdote accreditato nel dramma sia quell’orrenda creatura che presiede
al funerale di Ofelia riuscendo a concentrare in un’omelia di otto versi
soltanto tanta cattiveria e malanimo da surclassare il diavolo in persona,
senza dubbio ispiratore di ogni sua parola» (N. Frye, Shakespeare,
Torino 1990).
Torniamo sull’ambigua morte di Ofelia,
che fantastichiamo essere né più né meno di quanto racconta Gertrude:
un’allucinata stranita ordalia di sé: un che ‘faccia il fiume’
fratello al ‘che faccia il duello’ con cui Amleto («Let be»,
Atto V, sc. 2) va incontro alla fine.
per vedere ancora un po’ come funziona
questo cristianesimo quando è messo alla prova dai fatti: «Hanno ragione i
becchini: è difficile decidere se Ofelia si sia suicidata deliberatamente,
e dunque è entrata in acqua con l’intenzione di affogarsi. Si potrebbe
anche dire che si è affidata al fiume perché la trasportasse altrove e
quello l’ha trascinata a fondo. Difficile giudicare, rincara il filosofo
becchino, se ha deliberatamente cercato la propria salvazione, visto che
la morte è salvezza…» (N. Fusini, Donne fatali, Roma 2005).
Però, il becchino
che poi giocherà a rispondere ad Amleto con parole più argute delle sue
(che sia lui il Falstaff che tanti cercano in
Amleto?),
con la sua scolastica temprata alle logomachie della taverna («un atto ha
tre rami: cioè agire, fare, eseguire»,
Atto V, sc. 1),
giunge alla stessa conclusione del prete cinico: Ofelia si è suicidata, e
non «per legittima difesa». Se viene comunque onorata con esequie
religiose, è solo perché «la razza dei grandi deve avere il permesso a
questo mondo di annegarsi o di impiccarsi, più degli altri cristiani come
loro». Nihil novo sub solem.
Infine: non è curioso che solo il
personaggio di Ofelia sia incastonato tra due echi? All’inizio le due
prediche identiche di Polonio e Laerte sul dovere di resistere all’amore
di Amleto, alla fine lo stesso giro di pensieri senza pietà sulla sua
morte dei becchini e del prete. Ironico che la variante più sottile in
questo esercizio di stile sia del Falstaff-becchino, mentre lo
studiato prete è tanto breve quanto basta per inquadrare il tipo.
(Il suicidio per legittima difesa
è la migliore definizione possibile dell’eutanasia, da ricordarsene al
momento opportuno.)