«La Danimarca stessa
è un grande orecchio che trasale alle sue proprie voci ed è terrorizzata
dal mondo esterno»
(A.
Serpieri, La tragedia dell’essere, Intr. a: Amleto)
«Imbecilli. Ridere
di me! Proprio loro così deboli, così stupidamente normali…»
(G. Flaubert,
Memorie di un pazzo)
La follia graffia superficî lisce. Come
unghie sulla lavagna, Amleto assorda dei suoi squittii di filosofico
pipistrello l’orecchio paranoico e stremato della marcia Danimarca. – E
fin qui non si esagerò. Quanto precede è solo una parafrasi. All’inizio
del terzo atto, infatti, il Re dice che la confusion di
Amleto va «graffiando / con tanto stridore tutti i suoi giorni di pace /
con una turbolenta e pericolosa demenza» («Gratting so harshly all his
days of quiet / With turbulent and dangerous lunacy», Atto III, sc.
1).
Serpieri (Venezia, 2003),
in nota alla sua traduzione preziosissima, spiega che si tratta di «una
metafora combinata del graffiare una superficie liscia e dell’inserire
discordanze e cacofonie nell’armonia della mente tranquilla». Ma ciò che
Re Claudio chiama «giorni di pace» è l’ipocrisia del delitto
soddisfatto; e la sua pretesa di elegia è un patetico sogno d’immunità. Al
contrario, l’espressionismo shakespeariano è d’obbligo che s’insinui
persino nella regal prosa di Sua Maestà, non essendo tranquilla affatto la
mente di un regno sordamente squassato da delitti che lasciano tante
vendette in ossessivo sospeso.
Claudio, assoldando Rosencrantz e
Guildenstern, si comporta in modo troppo ordinato: paga spie perché si
facciano confidare dal figliastro, dal principe presunto pazzo, il perché
della sua follia. Non ci sono infatti mai prove abbastanza in Danimarca!
Come ad Amleto non basta la parola dello Spettro per sgozzare lo zio, a
Claudio non sufficit la diagnosi del credibilissimo Polonio per
credere che Amleto sia folle solo per Ofelia.
Ma chiamando in gioco i due amici
traditori, il paradosso si fa addirittura grottesco: il Re paga due spie
perché si facciano confidare dal principe pazzo il perché della sua
pazzia: ma se la sapesse, e se la sapesse dire, non sarebbe poi così
pazzo.
E infatti Amleto dice «perché non so»
del suo vaneggiare per paralogismi del resto niente male quanto a
conclusioni; e gli stessi Guildenstern e Rosencrantz, benché meno
abituati al ragionar capzioso e per dialleli di Polonio, riconoscono in
Amleto una «astuta pazzia» («crafty madness») proprio per la sua capacità
di non «farsi sondare» (Atto III, sc. 1) : caratteristica, questa
di eludere il logos, che, come si sa, il dottor Freud estese a
tutto l’Inconscio col concetto perfettissimo di Resistenza. Ludica
particolarmente nel caso di Amleto dialettico di Danimarca.