"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13  settembre 2007

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 44. Cosa chiedere a un pazzo

 

 

 

 


«La Danimarca stessa è un grande orecchio che trasale alle sue proprie voci ed è terrorizzata dal mondo esterno»

(A.  Serpieri, La tragedia dell’essere, Intr. a: Amleto)

 

«Imbecilli. Ridere di me! Proprio loro così deboli, così stupidamente normali…»

(G. Flaubert, Memorie di un pazzo)

 

  

La follia graffia superficî lisce. Come unghie sulla lavagna, Amleto assorda dei suoi squittii di filosofico pipistrello l’orecchio paranoico e stremato della marcia Danimarca. – E fin qui non si esagerò. Quanto precede è solo una parafrasi. All’inizio del terzo atto, infatti, il Re dice che la confusion di Amleto va «graffiando / con tanto stridore tutti i suoi giorni di pace / con una turbolenta e pericolosa demenza» («Gratting so harshly all his days of quiet / With turbulent and dangerous lunacy», Atto III, sc. 1).  

 

Serpieri (Venezia, 2003), in nota alla sua traduzione preziosissima, spiega che si tratta di «una metafora combinata del graffiare una superficie liscia e dell’inserire discordanze e cacofonie nell’armonia della mente tranquilla». Ma ciò che Re Claudio chiama «giorni di pace» è l’ipocrisia del delitto soddisfatto; e la sua pretesa di elegia è un patetico sogno d’immunità. Al contrario, l’espressionismo shakespeariano è d’obbligo che s’insinui persino nella regal prosa di Sua Maestà, non essendo tranquilla affatto la mente di un regno sordamente squassato da delitti che lasciano tante vendette in ossessivo sospeso. 

 

 

Claudio, assoldando Rosencrantz e Guildenstern, si comporta in modo troppo ordinato: paga spie perché si facciano confidare dal figliastro, dal principe presunto pazzo, il perché della sua follia. Non ci sono infatti mai prove abbastanza in Danimarca! Come ad Amleto non basta la parola dello Spettro per sgozzare lo zio, a Claudio non sufficit la diagnosi del credibilissimo Polonio per credere che Amleto sia folle solo per Ofelia.

Ma chiamando in gioco i due amici traditori, il paradosso si fa addirittura grottesco: il Re paga due spie perché si facciano confidare dal principe pazzo il perché della sua pazzia: ma se la sapesse, e se la sapesse dire, non sarebbe poi così pazzo. 

 

E infatti Amleto dice «perché non so» del suo vaneggiare per paralogismi del resto niente male quanto a conclusioni; e gli stessi Guildenstern e Rosencrantz, benché meno abituati al ragionar capzioso e per dialleli di Polonio, riconoscono in Amleto una «astuta pazzia» («crafty madness») proprio per la sua capacità di non «farsi sondare» (Atto III, sc. 1) : caratteristica, questa di eludere il logos, che, come si sa, il dottor Freud estese a tutto l’Inconscio col concetto perfettissimo di Resistenza. Ludica particolarmente nel caso di Amleto dialettico di Danimarca. 


 

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