AMLETO - Noi
sfidiamo i presagi. C’è una speciale provvidenza nella caduta di un
passero. Se è ora, non è a venire. Se non è a venire, sarà ora; se non è
ora pure è a venire. Essere pronti è tutto. Poiché nessun uomo sa nulla di
ciò che lascia, che è lasciare prima del tempo? Sia come sia.
(Atto V, sc. 2)
«Nella discussione
si serve di antitesi persuasive, di aut-aut categorici. Ecco perché si fa
sempre capire, non si preoccupa del rigore dei suoi discorsi.»
(K. Jaspers,
Genio e follia, Milano 2001)
Perché Amleto non dice «se non sarà
ora, non sarà mai» invece di «se non è ora dovrà pur succedere»
(Atto V, sc. 2, 218)? Perché si nega il banale «o adesso o mai
più»?
A essere un po’ più sofistici, anche un
induttivista appena rigoroso, come tocca essere all’uomo povero di
certezze universali, troverà più plausibile un se non è ancora accaduto
difficile che accada che il contrario! Il «se ora comunque succederà più
in là» è il tipico ragionamento che porta sul lastrico legioni di famiglie
di giocatori ostinati nella certezza che «la ruota girerà»…
E poi, se accadrà comunque,
perché dire alla fine «The readiness is all»? A che serve essere pronti a
qualcosa che accadrà comunque? Cosa cambia se accadrà comunque? –
Di nuovo Amleto, più che un filosofo, è un retore della filosofia, e
insomma un sofista, o semplicemente un talentuoso studente fuoricorso che
ama la posa gnomica e ci crede anche quando potrebbe risparmiarsela… - In
genere, sono così umani troppo umani i personaggi di Shakespeare da
essere sempre portati – cecità e sentimento – a fare della logica lo
zimbello del loro umore: sillogizzano per darsi forza, per credere in ciò
in cui credono già.