«Uccidere!... Ieri mi son allenato uccidendo Polonio.»
(Jules Laforgue, Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale)
Finale del terzo atto.
Idea per la morte di Polonio: come si sa, dopo che Amleto l’ha infilzato
attraverso l’arazzo, madre e figlio tornano a parlare dei fatti loro per
un bel po’ come se niente fosse. Ecco: invece di far morire il consigliere
sul colpo, farlo agonizzare, rantolare, lamentarsi, agitarsi, trascinarsi
fino quasi ai piedi dei due, ma invano. Amleto ha da vuotare il sacco a
sua madre, e non c’è morto che tenga («Smettetela di torcervi le mani.
Siate calma, sedete, e fatevi torcere il cuore»): che schifo il tuo
matrimonio, come hai potuto metterti con quel maiale, ecc. - Deve fare
soprattutto tutta la scenata, chissà quante volte pensata e previssuta,
dei ritratti dei due mariti messi a confronto come il bianco di due panni
di cui uno solo lavato col detersivo giusto: «Guarda questo dipinto, e
guarda questo…». Solo il ritorno dello Spettro darà un taglio alle
contumelie, e anche lui – ma questo non ci stupisce – neppure vede
Polonio, già suo consigliere, disteso nel sangue. Quindi faremo fermare lo
Spettro sopra la pozza di sangue di Polonio agonizzante.
Solo a Spettro svanito e a
parole bruciate, Amleto torna al cadavere del padre sbagliato: quello di
Ofelia, suo promesso suocero, se davvero avesse voluto sposarla: «…io
trascinerò questo budellame nella stanza vicina». – Estrema equivoca
ingratitudine della vita: Amleto, che cerca specchî di sé dappertutto, ha
uno specchio inaccettabile nel vecchio retorico Polonio, che spiandolo
ritrova in lui una gioventù, per noi spettatori, altrimenti
insospettabile: la follia d’amore («e veramente io nella mia gioventù ebbi
estreme sofferenze d’amore; molto simili a queste» Atto II, sc. 2),
la passione per il teatro («Fui Giulio Cesare. Venni ucciso in
Campidoglio. Bruto mi uccise», Atto III, sc. 2), il demone della
dialettica («Come appropriate sono talvolta le sue risposte! una felicità
che spesso la follia azzecca, che la ragione e la sanità non potrebbero
così prosperamente partorire.», Atto II, sc. 2).
Per eccesso di transfert,
Polonio è l’unico che su Amleto si ricrede: «mi duole non averlo giudicato
/ con più discernimento. Ma temevo / che scherzasse, e volesse rovinarti.
/ Al diavolo i sospetti! Perdio, i ragazzi mancano / spesso di tatto, ma
altrettante volte / i vecchi eccedono nella diffidenza» (Atto II, sc.
1). E nello spionaggio.
Fine del
ruffiano-pescivendolo («fishmonger», Atto II, sc. 2), fine del
«buon vecchio invisibile» (Atto IV, sc. 1).