"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13  settembre 2007

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 36. Il servitore dello Stato

 

 

 

 


 

«Uccidere!... Ieri mi son allenato uccidendo Polonio.»

(Jules Laforgue, Amleto, ovvero Le conseguenze della pietà filiale)

 

Finale del terzo atto. Idea per la morte di Polonio: come si sa, dopo che Amleto l’ha infilzato attraverso l’arazzo, madre e figlio tornano a parlare dei fatti loro per un bel po’ come se niente fosse. Ecco: invece di far morire il consigliere sul colpo, farlo agonizzare, rantolare, lamentarsi, agitarsi, trascinarsi fino quasi ai piedi dei due, ma invano. Amleto ha da vuotare il sacco a sua madre, e non c’è morto che tenga («Smettetela di torcervi le mani. Siate calma, sedete, e fatevi torcere il cuore»): che schifo il tuo matrimonio, come hai potuto metterti con quel maiale, ecc. - Deve fare soprattutto tutta la scenata, chissà quante volte pensata e previssuta, dei ritratti dei due mariti messi a confronto come il bianco di due panni di cui uno solo lavato col detersivo giusto: «Guarda questo dipinto, e guarda questo…». Solo il ritorno dello Spettro darà un taglio alle contumelie, e anche lui – ma questo non ci stupisce – neppure vede Polonio, già suo consigliere, disteso nel sangue. Quindi faremo fermare lo Spettro sopra la pozza di sangue di Polonio agonizzante.

 

 

 

Solo a Spettro svanito e a parole bruciate, Amleto torna al cadavere del padre sbagliato: quello di Ofelia, suo promesso suocero, se davvero avesse voluto sposarla: «…io trascinerò questo budellame nella stanza vicina». – Estrema equivoca ingratitudine della vita: Amleto, che cerca specchî di sé dappertutto, ha uno specchio inaccettabile nel vecchio retorico Polonio, che spiandolo ritrova in lui una gioventù, per noi spettatori, altrimenti insospettabile: la follia d’amore («e veramente io nella mia gioventù ebbi estreme sofferenze d’amore; molto simili a queste» Atto II, sc. 2), la passione per il teatro («Fui Giulio Cesare. Venni ucciso in Campidoglio. Bruto mi uccise», Atto III, sc. 2), il demone della dialettica («Come appropriate sono talvolta le sue risposte! una felicità che spesso la follia azzecca, che la ragione e la sanità non potrebbero così prosperamente partorire.», Atto II, sc. 2).

 

Per eccesso di transfert, Polonio è l’unico che su Amleto si ricrede: «mi duole non averlo giudicato / con più discernimento. Ma temevo / che scherzasse, e volesse rovinarti. / Al diavolo i sospetti! Perdio, i ragazzi mancano / spesso di tatto, ma altrettante volte / i vecchi eccedono nella diffidenza» (Atto II, sc. 1). E nello spionaggio.

Fine del ruffiano-pescivendolo («fishmonger», Atto II, sc. 2), fine del «buon vecchio invisibile» (Atto IV, sc. 1).

 


 

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