"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 13  settembre 2007

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 33. Battute preterintenzionali

 

 

 

 


 

Amleto - …devo chiudere la bocca.

(Atto I, sc. 2)

 

 

Quando, nella scena 3 del primo atto, Laerte mette in guardia Ofelia dalla foia di Amleto (ed è la prima volta che veramente parli: prima aveva solo chiesto di tornare a Parigi), dice del principe cose ben più vere di quanto gli sia concesso sospettare: «la sua volontà non gli appartiene: poiché egli stesso è soggetto alla sua nascita; egli non può, come fan le persone dappoco, fare a suo piacimento…». L’idea che la regalità sia un coacervo di sacri doveri è ovvia e la trovi in tanti dramma shakespeariani, ma qui la battuta ha la possibilità di una lettura ironica e tragica evidente: Laerte dice che Amleto è «soggetto alla sua nascita» la cena prima che Amleto veda lo Spettro paterno e, almeno a parole, incondizionatamente  gli si assoggetti.

In genere, il testo è pieno di battute che sono ancorar più perfette fuori contesto: monadi del tutto, preterintenzionali e profetiche. Amleto stesso è quasi un Groucho Marx per caso. Parlando moltissimo e non sapendo quello che dice più di quanto sia concesso a ogni pover’uomo, spesso indovina il succo. Incatenato a una vendetta, parlando dell’intera Danimarca se ne esce con una frase sorella della precedente di Laerte: «poiché la natura non può scegliere la propria origine» (Atto I, sc. 4) ridicendo così la condanna non della nazione ma sua. – Clamorosa quella in cui garantisce al fantasma paterno che la sua vendetta scatterà «con ali rapide come la meditazione» (Atto I, sc. 5): né più né meno di quanto accadrà.

Ofelia, che l’ha visto subito dopo le rivelazioni dello Spettro lo descrive sfatto e allucinato: «con uno sguardo di così pietosa espressione come s’egli fosse stato liberato dall’inferno per parlare di orrori» (Atto II, sc. 1), similitudine che potrebbe essere più esatta della natura purgatoriale dichiarata dallo Spettro al figlio in ogni caso troppo credulone.  

 

Come nella vita si finisce con l’essere preveggenti senza mai saperlo, con profezie sparse qua e là senza mai accorgersene, nell’Amleto tutti sanno tutto ma ciecamente: sanno tutto almeno le loro parole, le straordinariamente iperleggibili frasi che dicono più o meno inconsultamente.

Sulla natura della pazzia di Amleto, Polonio dice ai due sovrani, tanto sicuro è della sua diagnosi: «togliete questa da questo, se la cosa sta altrimenti» (Atto II, sc. 2). Detto fatto: la cosa sta altrimenti e Polonio muore.

La lunga battuta di Rosencrantz (la sua più lunga), in cui giustifica tutte le eventuali azioni per la salvaguardia del Re dal pericolo di Amleto scheggia imprevedibile e impazzita, con un discorso assai generale sulla Maestà che quando s’estingue «non muore sola, ma come un vortice attrae con sé tutto ciò che le è vicino», perché «non mai da solo sospirò un re, ma con un gemito universale» (Atto III, sc. 2), credendo di parlare a favore di Claudio enuncia un principio che lo condanna, essendo lui l’omicida del vecchio re Amleto, morto appena da quattro mesi. Alla luce di quanto appena letto, appare chiaro il cupo compito dello Spettro: proprio di tirare nel suo vortice tutto - ma proprio tutto - ciò che gli è vicino.

 


 

torna su

 

 

torna a