AMLETO – Pensate
ch’io intendessi dir villania?
OFELIA – Io non
penso nulla (nothing), signore.
AMLETO – E’ un
pensiero ammodo, da stare fra le gambe delle ragazze.
OFELIA – Quale
pensiero, signore?
AMLETO – Nulla (nothing).
«…non è escluso che tutto il suo
spirito [di Shakespeare] «approfitti» della condizione di Ofelia,
di Ofelia l’adolescente, di Ofelia la pura, di Ofelia la ignara, di Ofelia
figlia di Polonio: che ne «approfitti» per una rappresentazione
derisoria e a certi momenti pressoché satirica dello stato di innocenza
(d’ogni giovanetta) quale per natura si manifesta, quale era ed è, ahi!,
vagheggiato e praticato, ahi!, dalla reclusione educatoria. Ofelia non sa
nulla, non sospetta di nulla: non capisce nulla. E’ l’oca celestiale, la
martire cioè testimone imbambolato della sua stessa stupidità. Non è
preparata all’amore, che pure è il fatto dominante la vita d’una
fanciulla, anche d’una fanciulla cresciuta a corte. E il fidanzamento
della figlia del primo ministro machiavellone col principe a cui è poi
morto il padre per veleno, ha tutta l’aria d’essere un fidanzamento
combinato: un intrigo del furbo arrivista, che è stato tanto furbo da non
prevedere l’avvelenamento del re, né le stoccate che lo sbuzzeranno lui
stesso, ad origliare dietro le cortine di velluto. Ofelia non intuisce le
terribili ragioni del «fidanzato», stravolto dalla lucidità inespiabile
del proprio intuito. Le battute di Ofelia, a contrasto cioè in contraparte
dialettica epperò drammatica con quelle così amare e così lucide, così
spietatamente allusive del principe, sono le battute della obstupescenza
innocente o meglio della innocenza istupidita dall’educandato. Ella è
sopraffatta dalla tempesta come un pallido fiore: è travolta nel buio
della notte, nel buio del non sentire e del non essere, etico e fisico.
Impazzisce, la misera: ma ancor prima d’impazzire è già scema per conto
suo, nell’ambito della sua delicata pubertà.»
(…)
«Le reparties di Amleto sono
difficilmente interpretabili (…). Tradotte in lingua povera, e nel tono
concitato-ritenuto che Amleto arriva a imprimer loro, codeste reparties
voglion dire: «ma non capisci proprio niente?» Esse deridono altresì la
ecolalìa (pappagallesimo fonetico) da cui la poverina è inguaribilmente
affetta dopo l’educazione ricevuta a corte e i suggerimenti, da lei
accettati, dal papà-padreterno: papà complice, perché consenziente a cose
fatte, del re criminale e della regina troja. L’età mentale di Ofelia è
quella di una bambina di cinque anni. Ella è un tenero fiore, ma un fiore
fisico, un fiore-polpetta nella fioritura di pubertà: la sua anima e il
suo labbro, come l’anima e il labbro di tutti gli «inesperti», di tutti
gli angeli, son fatti per accettare il sentito dire…»
(C. E. Gadda, I
viaggi la morte)
La voce: lettura di Giulio
Morgan