«Dove sarà mai a quest’ora? Di certo in
campagna da qualche parente; ma saprà tornare da sé, conosce la strada.
Ella, d’altronde, non m’avrebbe mai compreso. Quando ci penso! Adorabile
veramente, e sensitiva da morirne, ma grattando bene trovasi l’inglesina
imbevuta sin dalla nascita dell’egoistica filosofia di Hobbes.
‘Nulla è più gradevole nel possesso dei nostri beni quanto il pensare che
sono superiori ai beni altrui’ – dice Hobbes. Così Ofelia m’avrebbe amato,
come suo ‘bene’, perché sono socialmente e moralmente superiore ai ‘beni’
delle sue amiche. E quelle brevi frasi sul comfort e il benessere, che le
sfuggivano nell’ora in cui si accendono le lampade! Un Amleto con tutti i
comforts! Ah, sciagura! Chieggo grazia per il mio angelo custode, anche se
non per me! Oh, se in questa torre d’avorio, in una sera come questa,
venisse per me una sorella, ma cadetta, di quell’Elena di Narbona
che seppe recarsi a Firenze per conquistare il suo amato Bertrando conte
di Roussillon, benché se ne sapesse disprezzata!... Ofelia, Ofelia,
vischio mio adorato, ritorna ti supplico! e basta con quel che è stato.
Ciononostante, mio caro (e abbiamo un bell’essere Amleto) qualche volta ce
la siamo spassata allegramente.»
(Jules Laforgue, Amleto, ovvero Le
conseguenze della pietà filiale, tr. di E. Flaiano, Milano 1987)