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      «E’ fatto il 
      pastrocchio!... 
      
      Ma, (nella Sua bontà), 
      
      Spero che Iddio vorrà 
      
      Chiudere un occhio…» 
      
      (J. Laforgue, Amleto, ovvero 
      
      Le conseguenze della 
      pietà filiale)
        
      
      «Ma si è fatto tardi, 
      bisogna agire; a domani i baci e le teorie» 
      
      (Ibid.)   
        
      Amleto un ignavo? 
      Claudio lo definisce meglio: «he most violent author» 
      (Atto IV, sc. 5), 
      il violentissimo artefice. - Mai dimenticarsi di come s’è liberato di 
      Rosencrantz e Guildenstern, e di quanto ne abbia goduto: «Intrappolato 
      nella rete di tutte queste infamie, prima che avessi concepito un prologo 
      nella mente, quella aveva già cominciato il dramma» 
      (Atto V, sc. 2). 
      E non solo l’Amleto fatalista e scatenato del quinto atto («L’intervallo è 
      mio. E la vita di un uomo non è che il tempo di dire uno», 
      Atto V, sc. 2), 
      ma il sicario che ha appena ucciso Polonio prima blasé («REGINA: 
      Ahimè, che cosa hai fatto? / AMLETO: No, non so. / E’ il Re?», 
      Atto III, sc. 4) 
      e poi pulp («Rimorchierò il budellame nella stanza qui accanto»,
      Ibid.), 
      ma in questo, per quanto istrionico e isterico, autoritratto che offre a 
      Ofelia:  «Son pieno di superbia, vendicativo, ambizioso, con più peccati 
      pronti ai miei ordini che pensieri in cui metterli, fantasia per plasmarli 
      o tempo per tradurli in atto» 
      (Atto III, sc. 1). 
      Tutto vero: Uno «spaventoso personaggio carismatico»
      (H. Bloom, Shakespeare,Milano 
      2003).
        
            
        
      «Amleto, uomo d’azione» è un refrain 
      della variante di Laforgue (J. Laforgue, Amleto, ovvero Le 
      conseguenze della pietà filiale, tr. di E. Flaiano, Milano 1987) 
      in questo genialmente fedele al modello più famoso: Con «Una manciata di 
      occhi divelti» delle vittime della sua giornata di caccia, Amleto «vi si 
      lavò le mani, se ne unse le dita, e se la faceva scricchiolare, stirandosi 
      pel malessere che l’assaliva. Ah! Era il DEMONE DELLA REALTA’! l’allegria 
      di poter constatare che la giustizia è soltanto una parola, che tutto è 
      lecito – e a ragione, perdio! – contro gli esseri inferiori e senza 
      parola»… «E dopo dovrò soltanto agire e mettere la firma. Agire! 
      Ucciderlo! Fargli vomitare la vita! Uccidere!... Ieri mi son allenato 
      uccidendo Polonio»; «Stasera, però, occorre agire, bisogna oggettivarsi. 
      Avanti sempre, scavalcando le tombe, come fa la Natura»; «Ma l’Arte è così 
      grande, e la vita così breve! E non c’è nulla di pratico!» («se non 
      tacere, tacere e agire di conseguenza…»). 
        
      Così fino a uno dei suoi perfetti 
      epitaffî: «un eroe di cui, occorrendo, potrebbero citarsi le gesta, oppure 
      le formule» (Ibid.). |