"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

5.  Famiglie patologiche

 


 

RE - Come sta Amleto?

REGINA - Pazzo come il mare e il vento, quando l’uno e l’altro contendono quale sia più possente” e racconta il delitto di Polonio (Amleto, Atto IV, sc. 1).

 

LEAR - Matto no, cieli pietosi!”

(Re Lear, Atto I, sc. 5)

 

“Il cervello può formulare delle leggi per il sangue, ma un carattere ardente balza al di là di un freddo decreto, e quella pazzia che si chiama giovinezza è come una lepre che spicca un salto al di sopra delle reti di quello zoppo che è il buon consiglio.”

(Il mercante di Venezia, Atto I, sc. 2).

 

 

 

L’uomo non è oggi sano e domani folle» (K. Jaspers, Genio e follia, Milano 2001). Ma nello stesso tempo pazzo e folle? «Io non sono pazzo che a nord-nord-ovest» (Atto II, sc. 2) avverte Amleto a chi crede magari di gabbarlo facilmente. E’ quindi un po’ pazzo un po’ no. Anche se con costante tendenza al peggio. Proliferano quindi su di lui diagnosi che immeticciano follia e sanità; anzi, meglio: diagnosi in cui si riconosce quanto il Platone del Fedro sapeva benissimo: che è della follia liberare sapienze ben superiori a quelle del logos: ben oltre le ragioni del cuore che la ragione non conosce! – Però si ammetterà, anche se non si ama Pirandello, che per gli altri è un imbarazzo aver commerci con chi, tra buon senso e dissennatezza, abita un ibrido magari ontologicamente assai fondato, ma intanto poco sdoganabile in qualunque situazione sociale, e insomma tutto suo: «A stento mi concedevano facoltà fantastiche, cioè, secondo loro, un cervello esaltato prossimo alla pazzia» (G. Flaubert, Memorie di un pazzo).

 

La mezza pazzia, la pazzia con «del metodo in essa» (Atto II, sc. 2),  crea problemi senza pace soprattutto alla famiglia: dovendo escludere al momento la camicia di forza, come comportarsi con «un pazzo misto, con molti intervalli di lucidità» (M. de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia)?

 


E poi si finisce col pensare sempre e solo a lui, a vivere, o credere di farlo, ch’è pure peggio, solo per lui: «Abbiamo tentato l’impossibile, per curarlo e tollerarlo, e credo che nessuno possa rivolgerci il benché minimo rimprovero.»  (F. Kafka, La metamorfosi). Parole che proprio perché tutte tese a riconoscersi inappuntabili, confessano un disagio – l’anticamera della paura («va a finire che vi uccide entrambi, ne sono sicura.», Ibid.), e quindi della crudele esigenza di liberarsi dal folle fastidioso.

Del resto, lo stesso inevitabile mutarsi dei commerci familiari, quell’essere al centro di un perenne allarmato imbarazzo porta il reietto a confermare i pensieri peggiori («A quelle parole della madre Gregor si rese conto che la mancanza di ogni conversazione con esseri umani, unita alla vita uniforme all’interno della famiglia, nel corso di quei due mesi doveva avergli confuso la ragione…» Ibid.): nella famiglia Samsa come nella reggia di Elsinore: vedi il passaggio del re dalla benevolenza di fresco patrigno a regista di sicarî e di veleni.

 

Ma la congiura è più ampia e inesorabile. Quando Amleto sta tormentando la madre nella closet scene (Atto III, sc. 4), entra per l’ultima volta lo Spettro, ma restando invisibile alla moglie. Amleto, agli occhî della madre, passa dall’oltraggiare lei a farneticare guardando i muri: cosa dovrebbe pensare? Lo spettro, dunque, che si manifestò alle guardie, si nega alla moglie lasciando così che creda che il figlio sia pazzo, «pazzo come il mare e il vento…» (Atto IV, sc. 1). Lo spettro, dunque, molto più che Claudio, agisce perché Amleto muoia – che, dentro la sua vendetta, muoia. Che così non sopravviva nessuno della schiatta degli Amleti.

 


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