"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

4.  Il colore viola

 


 

AMLETO: ...il colore nascente della scelta

sotto l’ombra smorta del pensiero

si fa viola…

(Atto III, sc. 2)

 

«…possa guarire il tuo cervello, ora inutile tumore entro il tuo cranio.»

(La tempesta, Atto V, sc. 1)

 

 

 

«Come se noi sapessimo all’istante che cosa significa “pensare”…» (M. Heidegger, Il nichilismo europeo): «Il pensiero è per noi un mezzo non per “conoscere”, ma per denotare, ordinare, rendere maneggevole per il nostro uso l’accadere: così pensiamo oggi del pensiero: domani penseremo forse diversamente» (F. Nietzsche, La genealogia della morale).

 

Intrepido come una farfalla controvento, l’IO potrebbe compiacersi di tanta acrobatica ilarotràgica precarietà: «E vivacchio vivacchio sono troppo numeroso per dire SI’ e NO Mi sento troppo pazzo da sposato maciullerei la bocca alla mia bella e caduto in ginocchio le direi queste parole losche: è troppo è troppo… il mio cuore è troppo… centrale E tu non sei che carne umana Non puoi non puoi trovarmi tanto ingiusto se ti faccio del male… In verità più ci si estasia insieme e meno s’è d’accordo In verità la vita è troppo breve» (C. Bene, Sceneggiatura di Un Amleto di meno, collage da J. Laforgue).

 

Evanescenza birbona di un narcisismo che potrebbe far contagio peggio della bubbonica, tra accoliti e discepoli del resto non solo non richiesti ma schifati («Più tardi mi si accuserà d’aver fatto scuola… come sono solo! E quest’epoca…. Non c’entra neanche un po’», C. Bene, sceneggiatura di Un Amleto di meno), e viene in mente quel contraddetto di Kraus che non condivide le opinioni di quelli che condividono le sue…

 

Il problema amletico, si sa, è la grossissima rottura di scatole di dover FARE, quando fare è impossibile, se non addirittura ridicolo: qualcosa dunque di ammissibile, perfino per il fantasmatico “tribunale della ragion pura”, solo se non si ha la più pallida idea di dove si vada a sbattere. Perfino Galilei si sarebbe fermato, se avesse vagamente saputo cosa stavca combinando, e il «mare di guai» che stava scatenando: perfino la Scienza è nata da una spensieratezza (R. Musil, L’uomo senza qualità)! - Da questa incoscienza la speranza: come del resto leggiamo in quasi tutto Leopardi, che dovette invecchiare un po’ più di quanto fosse concesso ad Amleto per arrivare ad accettare un viver floreale nell’inguaribile lunarità dei deserti.

 

Ma la Ginestra è l’eccezione assoluta, mentre la verità consueta è che sapere appena un po’ quale destino si compia non può che ingarbugliare tutte le voglie: «La via è un’anarchia di chiaroscuro… Nulla vi si realizza mai completamente, nulla si svolge fino alle estreme possibilità… Tutto si compenetra spudoratamente in una mescolanza impura, tutto è distrutto e spezzato, nulla fiorisce fino alla vita reale… Si può descriverla solo per negativi…» (G. Lukács, L’anima e le forme, Milano 2002).

 

 

Da ciò il già perfettamente splenetico viola del principe monologante.

E la cappa plumbea di un chiedersi che non si sa neppure cosa ci stia a fare in testa: se non posso fare nulla bene, infatti, perché IO?- Ma qui si finisce a forza in una babele tutta sbagliata: «Ed io non voglio più essere io!» (C. Bene, Un Amleto di meno, cit. da G. Gozzano, La signorina Felicita); «io non mi trovo dove mi cerco» (M. de Montaigne, Saggi, vol. I, Milano1986); Lacan, con molti più giri nel gergo suo specialissimo, dirà la stessa nuda cosa: che «Io sono là dove non penso»… - Ma allora «a che pro disfarsi di Dio per ricadere in se stessi? A che pro questa sostituzione di carogne?» (E. M. Cioran, Sillogismi dell’amarezza).

 

«Che poi noi si sia quello che ci manca, beh!, questo è un altro fatto…» (C. Bene, in: U. Artioli – C. Bene, Un Dio assente, Milano 2006).

 


 torna a  

 

     torna su