(A proposito del saggio di O. Rank La
“Rappresentazione” in Amleto, 1916)
King – What do you call the play?
Hamlet: The Mousetrap – marry, how tropically!
(Atto III, sc. 2)
«Scosso dalla “semplice recitazione”
di un brano drammatico in cui si parla della morte di Priamo, delle
esitazioni di Pirro al momento dell’assassinio del vecchio re troiano
e del dolore di Ecuba, un brano che è lo stesso principe a
suggerire all’attore di recitare, come prova della perizia
interpretativa di quest’ultimo, Amleto decide di organizzare la messa
in scena, scegliendo il soggetto e dicendo agli attori cosa fare e
come farlo; la sua regia allestisce una rappresentazione a cui i suoi
meccanismi inconsci riescono ad attribuire la funzione di appagamento
multiplo. In essa sono esaudite le richieste del Super-io (lo
Spettro): infatti un re viene ucciso da un nipote; e sono appagati i
desideri edipici: un consanguineo uccide il re (il padre) per
prenderne il posto accanto alla sposa (la madre). Inoltre la
scena della rappresentazione, ponendo Amleto nella condizione del
“terzo escluso” che osserva le effusioni di una coppia regale, lascia
intravedere quale sia il suo modello originario (la
Urszene). Ma rispetto a questo modello la play scene
offre anche, a quel particolare spettatore-osservatore che è Amleto,
la possibilità di identificarsi con l’“attore” maschile della sua
scena primaria, dal momento che colui che conquista la regina (la
madre) è sia un’immagine del padre (in quanto re) sia un’immagine del
figlio (in quanto assassino del padre). A tutto questo Amleto assiste
“giacendo in grembo” ad Ofelia, il sostituto della madre. Riassumendo
Per quanto la rappresentazione sostituisca
per lui la morte del padre, mentre “giace in grembo” ad Ofelia
sostituisce anche l’unione con la madre, in quanto esemplificazione
delle relazioni intercorrenti tra i genitori. D’altra parte, questo
significato della rappresentazione lo trasporta nel ruolo infantile di
osservatore delle effusioni dei genitori, che come trauma originario
sta alla base del suo atteggiamento edipico; il tutto converge in un
punto cruciale la cui espressione cruciale è (…) la rappresentazione,
che difatti lascia Amleto in uno
stato di “eccitazione maniacale” (Ib.) .»