Amleto -
…potrebbe essere la zucca di un politicante, di cui quest’asino ora si
fa gioco, uno che avrebbe gabbato perfino Dio, non potrebbe essere?
(Atto V,
sc. 1)
«io credo
che non ci dovrebbe essere nessuna legge per nessuno»
(O. Wilde,
“Amleto” al Lyceum, in Autobiografia di un dandy, Milano
1996)
Anche se fallirà nel merito come un
qualunque presidente di bicamerali italiane, Amleto conosce la legge
essenziale della politica: «I must be cruel only to be kind» (Atto
III, sc. 4). Vede bene che l’uccisione di Polonio accelera gli
eventi, così si fa politico: rivendica a sé il governo dello stato di
eccezione. Crudele a fin di bene, ma la battuta prosegue non
promettendo niente di buono («Questo male è l’inizio, e il peggio è da
venire.»). Così intanto giustifica se stesso: sentendosi da sempre il
signore inappellabile del Fine, si fa giudice dei mezzi:
autoreferenzialità che potrebbe annunciare un professionista degli
intrighi di corte come dell’equilibrio delle classi e delle nazioni.
Forse davvero uno degli spettri che s’agitano a Elsinore è Giulio
Cesare, ideal tipo del politico perfetto (quelli di cui si finisce
per augurarsi la dittatura), la cui tragedia Shakespeare aveva
composto poco prima di Amleto, e che viene richiamato
due volte: all’inizio per i segni funesti che ne anticiparono la
morte, poi perché Polonio ricorda che ne recitò da giovane la parte
con ottima resa della morte (e poco dopo morirà infilzato davvero).
Vedi tu l’utilità degli ossimori:
pare che non vi sia altro modo per parlare di politica con un minimo
di rigore che per contraddizioni esatte: Amleto si vede già essere un
crudel-gentile, naturalmente scommettendo che il secondo
termine governerà saldamente il primo. – La frase è retta ed ha la
chiave nel verbo: «I must be cruel», dunque non posso fare a
meno, lo sarò ma non per libera scelta: sta per esordire l’ennesimo
cattivo però non sadico; uno dei tanti il cui cadavere lastrica il
pessimo sentiero delle buone intenzioni.
Quando irretisce trame, Amleto si
sente intelligente: un vero figlio del secolo, sul quale quanto di più
chiaro si possa leggere lo trovi in Benjamin : «L’ingegno – ecco la
tesi del secolo – si mostra nel potere; l’ingegno è la capacità di
esercitare la dittatura» (W. Benjamin, Premessa
gnoseologica a Il dramma barocco tedesco, Torino 1999).
L’ossimoro, l’ircocervo del politico
– come si sa – è il centro dell’analisi di
Machiavelli, in tutto dilemmatico ma non
nella definizione di ciò che il politico deve essere, un
volpe-leone, un forte-astuto con doti dalla sincreticità addirittura
impossibile: Achille fu educato dal centuaro Chirone proprio perché
era animale e uomo, figura eloquente della necessità di vivere tra
l’umanità della legge e la ferinità della forza, che « l’una senza
l’altra non è durabile» (Il Principe, cap. XVIII).