"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

27.  Immaginario

 


 

ORAZIO - Sarebbe troppa fantasia, monsignore.

(Atto V, sc. 1)

 

AMLETO - Tu non puoi immaginare che peso abbia qui tutt'attorno al cuore.

(Atto V, sc. 2)

 

 

«…possiamo riconoscere in noi stessi due io distinti: l’io immaginario, con le sue tendenze e i suoi desideri, e l’io reale. Esistono sadici e masochisti immaginari: persone dall’immaginazione violenta. Ad ogni momento, il nostro io immaginario si frantuma e svanisce al contatto con la realtà, cedendo il posto all’io reale. Perché, per la loro stessa natura, il reale e l’immaginario non possono coesistere. Si tratta di due tipi diversi di oggetti: sentimenti e azioni completamente irriducibili le une alle altre.

Potremmo quindi pensare di dover classificare gli individui in due grandi categorie, a seconda della loro preferenza per una vita immaginaria o per una vita reale. Ma dobbiamo comprendere che cosa significhi una preferenza per l’immaginario. Non si tratta affatto di preferire un tipo di oggetto a u altro. Per esempio non si deve credere che lo schizofrenico, e in generale il sognatore morboso, cerchi di sostituire al contenuto della sua vita reale un altro contenuto irreale più attraente e brillante, e cerchi di dimenticare il carattere irreale delle sue immagini reagendo ad esse, come se fossero oggetti reali effettivamente presenti. Preferire l’immaginario non è solo preferire alla mediocrità esistente una bellezza, una ricchezza, uno splendore immaginario nonostante la loro natura irreale, ma è anche adottare un modo «immaginario» di sentire e di agire proprio in quanto questo modo è immaginario. Non si tratta solo di scegliere questa o quella immagine, ma di scegliere lo stato immaginario con tutto quello che ne consegue; non si tratta solo di una fuga dal contenuto del reale (povertà, amore deluso, fallimenti delle proprie imprese ecc.), ma dalla forma, dal carattere di presenza del reale, dal tipo di risposte che esso esige da noi, dall’adattamento delle nostre azioni all’oggetto, dall’inesauribilità della percezione, dalla sua indipendenza, dal modo stesso che hanno di svilupparsi i nostri sentimenti.»

 

(J. P. Sartre, L’Immaginario, 1940)


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