"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

19.  Misurate ambizioni

 

Virtù della necessità, superfluità della Virtù

 


 

CLAUDIO: …Ti preghiamo di gettare in terra

Questo inutile dolore e di pensare a noi

Come ad un padre, perché, ne prenda nota il mondo,

tu sei il più vicino erede al nostro trono…»

(Amleto, Atto I, sc. 2)

 

 

Non c’è teorema o filosofia che imbrigli il perpetuum mobile della realtà: nodo di nodi tra Babele e Diluvio, Nave dei Folli e cori da stadio urlanti Barabba! Barabba!. Non c’è apocalisse a ordinare la destra e la sinistra, e proprio di questo non c’è che farsene (verbo artistico per eccellenza!) una ragione. Claudio da subito si azzarda a nuovo discreto – e tutt’altro che disprezzabile, se non fosse un assassino – pedagogo del principe. Ancora più che con le parole, con l’habitus di un re tollerante e non più ambizioso, prova a suggerire a Amleto la giusta misura: non si pretenda di governare il caos ridistribuirne le schegge doloranti nei riquadri di qualche casellario cartesiano: piuttosto giustificandolo, il caos, lenèndone l’immedicabilità, rivelandone rimandi simmetrie e dunque bellezze invisibili agli occhi profani di chi Re non sarà mai. Il reale non è che un canovaccio osceno da offrire ai pudori edulcoranti della retorica (Amleto dirà: un canovaccio per il pensiero: Atto II, sc. 2).

La pedagogia del Re Ossimoro è ovviamente pelosa, ma non per questo meno vera. Anche se troppo bruscamente, Amleto si trova di fronte al fatto essenziale della vita: il posto del morto confiscato dal vivo (giustizia è che gli toccherà la stessa fine).

 

 

Claudio offre alla corte, perché il figliastro intenda, variazioni eleganti sul tema più vieto e invincibile: Sic transit! - Trova nell’ordine del discorso le simmetrie per cose che ormai sono lì inconfutabilmente: il cadavere governi il suo ieri, il presente tocca governarlo a noi. – Senza timore o protervia, una lezione imparata a memoria nei millenni, fa mirabilmente suo il discorso senza tempo del vincitore: tutto si tiene già solo per il fatto di esistere: potenza dell’inerzia delle cose in un modo qualunque accadute. - Il Re ha dunque tutte le carte in mano, e sa come evitare di stravincere: prima di tutto accettando, a differenza di Macbeth, di restare un Re sterile, una parentesi, un Re per caso incistato nella stirpe legittima e intoccabile degli Amleti. Gli si lasciasse campare questa vacanza da Re, tutto tornerebbe al suo posto come il fiume nel suo letto dopo la piena. Tiene dalla sua giusto un andreottiano - non freudiano - principio di realtà: i problemi che non sanno risolversi da soli non li risolverà mai nessuno (tutta la tragedia lo dimostrerà).  Egli conta di essere tra quelli.

 


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