"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 


n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

17.  Hysterica passio di padri padroni

 


 

«Un buon padre non esiste, è la norma.»

(J. P. Sartre, Parole, 1964)

  

«Penso che sia premio bastante essergli figlio»

(Enrico VI Parte III, Atto II, sc. 1)

 

«Nessuno è padre a un altro.»

(E. Morante, Serata a Colono)

  

ERMIONE (al padre) - La mia vita è alla mercè dei vostri sogni ed io ve l’abbandono”

(Il racconto d’inverno, III, 2)

 

  

Quando esistevano, i genitori pretendevano dai figli idiozie tali da risucchiarsi tutto. Disastrosi e protervi, mettevano al mondo bambini e pretendevano eredi. Allo scopo, ne avvelenavano le vocazioni come vaghi ma perniciosi tumori dell’adolescenza. Erano forti, erano stronzi. Tutto del resto a fin di bene, disinteressatamente, trovando la sua entelechia nella perfetta adesione dei figli al programma paterno quando loro non sarebbero stati più al mondo. Il meglio che avrebbero potuto fare sarebbe invece sarebbe stato avere la forza di fingersi idioti e di non avere la forza di impicciarsene. Però botte e punizioni quando facevano i maleducati erano giuste.

 

Il fatto che il DNA conti così poco spiega i disastri dell’incomunicabilità morale sia in un senso che nell’altro. Tutti i casi sono ammessi; così, se è vero che «malvagi figli furono già portati da grembi schietti» (La tempesta, Atto I, sc. 2), e che ci si possa ritrovare senza colpa nell’« odioso peccato è il mio a vergognarmi di essere la figlia di mio padre!» (Il mercante di Venezia, Atto II, sc. 3), accade anche che un padre arrivi a dire a una figlia senza troppi torti che « Tu sei una malattia della mia carne» (Re Lear, Atto II, sc. 3).

 

 

 

Non solo figli giustamente devoti in Shakespeare. Anche l’enciclopedia dell’evidente propensione degli uomini a generare senza vocazione c’è tutta: tenendo fuori Amleto, l’obbligo ai matrimoni convenuti, l’incesto, la paranoia che si sta allevando una bastarda. Cosa siano stati i genitori di Romeo e Giulietta lo dice subito il Prologo: babbi e mamme dall’«ira prolungata, alla quale nulla potrà mettere fine, se non la morte dei figli» (Romeo e Giulietta, Prologo). Nel Pericle si racconta del padre che della figlia «si innamorò e all’incesto la provocò» (Pericle, Principe di Tiro, Atto I, sc. 1); nel Winter’s tale Leonte, abbagliato dal pensiero che sua figlia sia di Polissene, non le risparmia niente del suo odio: «questo sgorbio non è mio. (…) Devo vivere per sentire questa bastarda inginocchiarsi e chiamarmi padre?» (Il racconto d’inverno, Atto II, sc. 3).

 

Misteriosi i versi di Lear, padre di tre figlie, dove dice: «Oh! Come questo mal di madre gonfia e mi sale al cuore! Hysterica passio!» («O, how this mother swells up toward my heart! / Hysterica passio...», Atto II, sc. 4): posto che mother non sia una contrazione (di smother) o un refuso, ci si sorprende a pensare che anche la paternità presupponga l’isteria d’una gravidanza. Il che dice francamente solo Leopold Bloom nell’ Ulisse di Joyce: «Oh. Vorrei tanto esser madre!».


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