«Se il
socratismo dialettico caccia il miracolo dalla scena, per
instaurarvi il testo razionale disastrosamente affidato alla
lettura di attori “intellettuali”, il teatro è morto. E’ inutile
l’inutile della grande estate tragica.»
«L’uomo vede dappertutto non
altro più che il terribile o l’assurdo dell’essere: egli ora
comprende il destino simbolico del destino di Ofelia, ora capisce la
sapienza del dio silvestre Sileno: tutto per lui è disgusto.»
(…)
«L’estasi dello stato dionisiaco
con il suo annientamento delle abituali barriere e confini
dell'esistenza comprende infatti, nella sua durata, un elemento
letargico in cui s’immerge tutto ciò che è stato vissuto
personalmente nel passato. Casi, per questo abisso dell'oblio, il
mondo della realtà quotidiana e quello della realtà dionisiaca si
distaccano. Non appena però quella realtà quotidiana riaffiora nella
coscienza, essa, come tale, viene sentita con nausea; una
disposizione ascetica, negatrice della volontà, è il frutto di
quegli stati. In questo senso l’uomo dionisiaco è simile ad Amleto:
entrambi una volta hanno gettato uno sguardo vero nell'essenza delle
cose, hanno conosciuto, e agire li nausea; poiché la loro azione non
può cambiare niente nell'essenza eterna delle cose, essi sentono
come ridicolo o infame che venga loro richiesto di rimettere in
sesto il mondo uscito fuori dai cardini. La conoscenza uccide
l'agire, per agire si deve essere avvolti nell'illusione - questa è
la dottrina di Amleto, non già quella saggezza a buon mercato di
Hans il sognatore che non giunge all'azione per la troppa
riflessione, quasi per un eccesso di possibilità. Non è la
riflessione, certo! - è la vera conoscenza, è la visione
dell'orribile verità, che prevale su ogni motivo incitante
all'azione, cosi per Amleto come per l'uomo dionisiaco.»
(F. Nietzsche,
Nascita della
tragedia, 1872)
«Amleto
diventa un modello implicito per Genealogia della morale
di Nietzsche. La consapevolezza più shakespeariana di Nietzsche
ricorda in tutto e per tutto Amleto: poiché possiamo trovare le
parole solo per ciò che è già morto nel nostro cuore, vi è sempre
una sorta di disprezzo nell’atto di parlare. Il resto è silenzio;
l’atto del parlare è agitazione, tradimento, irrequietezza, tormento
dell’io e degli altri. Con Amleto, Shakespeare arriva
a un’impasse ancora irrisolta nella sublime commedia della
Dodicesima notte, in cui l’erede del principe è Feste.»
(H. Bloom, Shakespeare,
Milano 2003)
«Da Nietzsche viene infine il
radicalismo filosofico (…) e, in fin dei conti, deriva proprio
l’archetipo del filosofo-figlio in rivolta verso i suoi
predecessori, un pathos ribellistico…»
(M. Ferraris,
Jackie Derrida. Ritratto a memoria, Torino 2006)