«Digges era un
contemporaneo di Shakespeare (1564 – 1616), la cui carriera
letteraria si svolse in un periodo di grande fermento intellettuale:
il Rinascimento, la Riforma e la graduale conferma da parte di
Galileo del modello copernicano dell’universo. Shakespeare
conosceva la famiglia Digges, era al corrente della corrispondenza
tra il grande astronomo danese Tycho Brahe e persone vicine a
Digges, e conosceva anche il ritratto di Tycho sotto le insegne di
famiglia dei suoi trisavoli Sophie Gykdenstierne ed Erik
Rosenkrantz. Tycho sosteneva ancora un modello dell’universo con
la Terra al centro (che aveva pubblicato nel 1588) e sembra
che Shakespeare costruisse l’Amleto, la sua massima
tragedia, costellandola di ogni sorta di allusioni a questi
dibattiti astronomici (*).
I personaggi di Rosencrantz
e Guildenstern nascono in questo modo, e rappresentano la
concezione geocentrica del mondo di Tycho, che il falso re Claudio
trae dall’astronomo dell’antichità Tolomeo (vissuto intorno
al 140 d.C.), il cui modello dell’universo fu soppiantato da
Copernico. Claudio ingiunge n modo memorabile ai due
cortigiani di aiutarlo con un nuovo modello geocentico, al che
Amleto proclama con eloquenza poetica la sua visione di un mondo
infinito ispirata dall’amico Thomas Digges: “Potrei vivere in un
guscio di noce e credermi re d’uno spazio infinito”.»
(J. D. Barrow,
L’infinito.
Breve guida ai confini dello spazio e del tempo, Milano 2006)
(*) Peter
Usher, “Bulletin of the American Astronomical Society”, 28, 1996, p.
1305 e Shakespeare’s Cosmic World View, “Mercury” 26,
gennaio-febbraio 1997, pp. 20-23.