«Ogni opera
è di tutti i tempi»
(A. ARTAUD,
Il teatro e il suo doppio)
«Se la folla si è disabituata
ad andare a teatro; se tutti siamo arrivati a considerare il
teatro un’arte inferiore, un mezzo volgare di distrazione, e a
servircene come sfogo per i nostri istinti peggiori, ciò accade
perché ci hanno troppo stesso ripetuto che era teatro, cioè
menzogna e illusione. Perché da quattrocento anni, vale a dire dal
Rinascimento in poi, ci hanno abituati a un teatro puramente
descrittivo e narrativo, che racconta soltanto psicologia.
Perché ci si è ingegnati a far
vivere sulla scena degli esseri plausibili ma distaccati, con lo
spettacolo da una parte e il pubblico dall’altra – e si è mostrato
alla folla soltanto lo specchio di ciò che essa è.
Lo stesso Shakespeare è
responsabile di questa aberrazione e di questa decadenza, di
questa idea disinteressata del teatro che impone a una
rappresentazione di lasciare intatto il pubblico, senza mai
proporgli un’immagine che lo scuota alle fondamenta del suo
organismo e segni su di lui un’impronta incancellabile.
Se in Shakespeare l’uomo si
preoccupa talvolta di ciò che lo trascende, si tratta sempre in
fin dei conti delle conseguenze che questa preoccupazione provoca
nell’uomo, di psicologia insomma.»
(A.
Artaud, Il teatro e il suo doppio)