Amleto – Il resto è silenzio
(Atto V, sc. 2)
Il giovane Orson Welles
(1915-1985) aveva intuito tutto. Per esempio sul rapporto
tra immagine e teatro elisabettiano. Nel 1937 ha chiaro
che l’una ammazza l’altro: «La poesia non è più necessaria né
possibile [a teatro], perché, potendo far sorgere l’alba su
Elsinore con una lampada e un barattolo di vernice, non c’è
motivo di fermare un personaggio nel mezzo dell’azione e fargli
dire una battuta come: «Ma guardate come l’aurora, avvolta nel
suo mantello di rose, sfiora col piede la rugiada su per
quell’erta collina di levante», anche supponendo di essere
capaci di scriverla» (O. Welles-P. Bodganovich, Io Orson
Welles, Milano 1996).
L’immagine ammutolisce la
parola, ma senza uccidere Shakespeare. E infatti, dal 1900
al 1920, dunque nell’aurea età in cui il cinema è muto
come un pesce nella boccia (la nostalgia di tutto il cinema di
Hitchcock!), il logorroico Amleto ispira diciannove film.
Sono film danesi, francesi, italiani (sei!), inglesi e
americani. Il primo poi è Sarah Bernhardt, l’ultimo
un’altra donna: Asta Nielsen (Hamlet, 1920).
Proprio un Amleto italiano – produzione Cines, 1908
– fu il primo adattamento vero e proprio della tragedia
completa: con scene in esterni e addirittura flashback (di
solito non facilissimi da capire per il giovane pubblico di
allora; su questo vedi l’autobiografia bellissima di Luis
Bunuel, Dei miei sospiri estremi, Milano 1991).
Quanto agli attoroni, fece Amleto muto nel 1917
Ruggero Ruggeri. Mentre – ahimè – perduto è l’Amleto
del 1907 del funambolico e coloratissimo amanuense della
pellicola Georges Méliès.
Il privilegio di un Amleto
donna ovviamente aveva una base pseudoscientifica nel saggio di
uno sconosciuto professore americano, Edward P. Vining,
che nel suo The Mistery of Hamlet
(1881) era certo che ineluttabile fosse la conclusione che
Amleto fosse una donna. Una sorta di teatro elisabettiano alla
rovescia, dato il noto costume a quei tempi di far recitare i
ruoli femminili ai maschi.
(Notizie raccolte da: P. Quarenghi, Shakespeare e gli inganni
del cinema, Roma 2002)