"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 12, settembre 2007                                        

         

             n. 12 °*° William Shakespeare: Spettro delle mie brame - fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 


 

 

6. Amleto muto

 

 

 


 

                                                                   

Amleto – Il resto è silenzio

(Atto V, sc. 2)

 

Il giovane Orson Welles (1915-1985) aveva intuito tutto. Per esempio sul rapporto tra immagine e teatro elisabettiano. Nel 1937 ha chiaro che l’una ammazza l’altro: «La poesia non è più necessaria né possibile [a teatro], perché, potendo far sorgere l’alba su Elsinore con una lampada e un barattolo di vernice, non c’è motivo di fermare un personaggio nel mezzo dell’azione e fargli dire una battuta come: «Ma guardate come l’aurora, avvolta nel suo mantello di rose, sfiora col piede la rugiada su per quell’erta collina di levante», anche supponendo di essere capaci di scriverla» (O. Welles-P. Bodganovich, Io Orson Welles, Milano 1996).

L’immagine ammutolisce la parola, ma senza uccidere Shakespeare. E infatti, dal 1900 al 1920, dunque nell’aurea età in cui il cinema è muto come un pesce nella boccia (la nostalgia di tutto il cinema di Hitchcock!), il logorroico Amleto ispira diciannove film. Sono film danesi, francesi, italiani (sei!), inglesi e americani. Il primo poi è Sarah Bernhardt, l’ultimo un’altra donna: Asta Nielsen (Hamlet, 1920). Proprio un Amleto italiano – produzione Cines, 1908 – fu il primo adattamento vero e proprio della tragedia completa: con scene in esterni e addirittura flashback (di solito non facilissimi da capire per il giovane pubblico di allora; su questo vedi l’autobiografia bellissima di Luis Bunuel, Dei miei sospiri estremi, Milano 1991). Quanto agli attoroni, fece Amleto muto nel 1917 Ruggero Ruggeri. Mentre – ahimè – perduto è l’Amleto del 1907 del funambolico e coloratissimo amanuense della pellicola Georges Méliès.

Il privilegio di un Amleto donna ovviamente aveva una base pseudoscientifica  nel saggio di uno sconosciuto professore americano, Edward P. Vining, che nel suo The Mistery of Hamlet (1881) era certo che ineluttabile fosse la conclusione che Amleto fosse una donna. Una sorta di teatro elisabettiano alla rovescia, dato il noto costume a quei tempi di far recitare i ruoli femminili ai maschi. 

 

(Notizie raccolte da: P. Quarenghi, Shakespeare e gli inganni del cinema, Roma 2002)


 

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