«Il 
            genio di Tolstoj era inesauribilmente letterale. Sulla sua copia di
            Amleto aveva segnato un punto di domanda a fianco della 
            didascalia Entra lo Spettro.»
            
            (G. 
            STEINER, Tolstoj e Dostoevskij, Milano 1995)
             
            
            «…le opposizioni serie e 
            argomentate [a Shakespeare] si sono fatte molto rare dopo il
            1830.
            
            La più nota fu quella di 
            Tolstoj (George Orwell cercò di presentarla e di 
            analizzarla nel saggio Tolstoj, Lear and the Fool, 1947).
            Tolstoj, che era egli stesso creatore supremo di forme 
            animate e drammaturgo di notevole forza, decretava che il teatro di 
            Shakespeare era in gran parte puerile nei sentimenti, immorale nella 
            visione fondamentale del mondo, retoricamente esagerato e spesso 
            intollerabile per la ragione adulta. Re Lear, in 
            particolare, era un polpettone crudele e infantile (quel salto dalla 
            scogliera di Dover!) «indegno di ogni seria riflessione critica». Ci 
            sarebbero molte cose da dire sul realismo ascetico e puritano di 
            Tolstoj, sul suo odio viscerale per il «far finta» e sulla 
            rabbia segreta, inconscia che forse provava davanti a Lear, 
            davanti alla creazione di Shakespeare che prefigurava in modo 
            inquietante il suo destino e la sua fine tempestosa. Tuttavia, 
            persino se teniamo conto delle motivazioni psicologiche e della sua 
            miopia ideologica, alcuni punti della critica tolstojana rimangono 
            degli di attenzione accurata.»
            
            (G. Steiner, Una lettura 
            contro Shakespeare, in Nessuna passione spenta, Milano 
            1996)