«L’acqua
è la patria sia delle ninfe viventi che delle ninfe morte.
L’acqua è il vero elemento della morte femminile. Nella prima
scena tra Amleto e Ofelia, Amleto – seguendo in ciò la regola
della preparazione letteraria del suicidio – come se egli fosse
un indovino che predice il destino, esce dalla sua profonda
fantasticheria mormorando: “Ecco la bella Ofelia! Ninfa, nelle
tue preghiere, ricordati di tutti i miei peccati”
(Amleto, atto III, sc. 1).
Da allora, Ofelia è destinata a morire per i peccati altrui,
ella deve morire nel fiume, dolcemente, senza clamore. La sua
breve vita è già la vita di una morta. Questa vita priva di
gioia è forse altra cosa di una vana attesa, di una povera eco
del monologo di Amleto?
(…)
Ofelia potrà essere dunque
per noi il simbolo del suicidio femminile. Ella è veramente una
creatura nata per morire nell’acqua, ella vi ritrova, come dice
Shakespeare, “il suo proprio elemento”. L’acqua è l’elemento
della morte giovane e bella, della morte fiorita e, nei
drammi della vita e della
letteratura, ella è l’elemento
della morte senza orgoglio e senza e senza vendetta, del
suicidio masochista. L’acqua è il simbolo profondo, organico
della donna che non sa che piangere le sue pene e i cui
occhi sono così facilmente “annegati dalle lagrime”.
(…)
L’uomo, di fronte a un
suicidio femminile, comprende questo affanno funebre tramite la
parte femminile che è in lui, come Laerte. Egli torna uomo –
ridiventando “secco” – quando le lagrime hanno cessato di
scorrere.
(…)
Invano, si cercherà di
riportare sulla terra i resti di Ofelia. Ella è veramente, come
dice Mallarmé, “una Ofelia
mai annegata … gioiello intatto nel disastro”. Nei secoli, ella
apparirà ai sognatori e ai poeti, galleggiante sul suo ruscello,
con i suoi fiori e la sua capigliatura sparsa sull’onda. Ella
sarà l’occasione di una delle sineddochi poetiche tra le più
luminose. Ella sarà una capigliatura galleggiante, una
capigliatura sparsa per i flutti.»
(G.
Bachelard, Il complesso di Ofelia, in L’eau et les
rêves)