Sarà apparso metafora
di cosa «C’è del marcio in Danimarca» nella sana Germania di
Olympia e del Trionfo della Volontà del 1936? Da un
medioevo brumoso e parateutonico, l’ariano Amleto spiccava come eroe
atletico, sarcastico, presto sia di lingua che di spada. Il più grande
attore, Gustav Gründgens, sovrintendente del teatro più
prestigioso (lo Staatstheater di Berlino) la sua piroetta
l’aveva compiuta passando da marito di Erika Mann (e quindi
genero di Thomas e Heinrich) a consigliere di stato del Reich. Il
cognato Klaus pubblica per giusta vendetta Mephisto ad
Amsterdam già nel 1936, ma in Germania resterà censurato
addirittura fino al 1981 (solo la DDR lo pubblicò nel
1956).
Con
Gründgens
contempliamo uno degli infiniti casi di ambiguità e adattamento,
adesione semiattiva e opportunismo a Hitler al tempo del suo
trionfo, scelte che, in un saggio una volta più famoso di adesso, si
chiamò tout-court «la trahison deux clercs» (J. Benda, Il
tradimento dei chierici, Torino 1972): Furtwängler, Heidegger,
Karajan, Schmitt, Speer… – Più sbrigativo elencare chi non partecipò.
E
– pare fosse davvero conturbante per il demone immenso del Grand’Attore
– ci fu quest’Amleto replicatissimo. L’Essere o non
essere sarà apparso appena l’iniziatico dubbio di un Parsifal
senza Graal? O, in spensierata sospensione di ogni incredulità, ci si
sarà commossi per la pura fabula del principe sfortunato, del
giovane allegro e di talento che nasce – realtà archetipa – nel mondo
sbagliato? O neppure questo? I gerarchi, amanti delle inferenze
criptiche, però vigilavano ogni mossa, e Gründgens doveva
tenerne conto.