«L’immutabilità del carattere e la
necessità delle azioni, che ne deriva, si impone con estrema
chiarezza a colui che, in un’occasione qualsiasi, non si è
comportato come avrebbe dovuto, in quanto ha mancato di decisione,
oppure di fermezza, oppure di coraggio o di altre qualità richieste
da quel momento. Ecco che, subito dopo, egli riconosce e deplora
sinceramente il suo comportamento sbagliato e pensa anche: «Se si
presentasse di nuovo l’occasione vorrei fare diversamente!».
L’occasione si ripresenta, si verifica lo stesso caso: ed egli
ripete tutto esattamente allo stesso modo – con suo grande stupore.
[Il mondo come… II, 226-sgg.].
La migliore illustrazione della
verità di cui stiamo parlando si trova nei drammi di Shakespeare.»
(A. Schopenhauer, Parerga e
paralipomena)
«Per ciò che tocca poi la vita
individuale, ogni storia di vita è una storia di dolore; che ogni
corso vitale è, di regola, una prolungata serie di grandi e piccole
sventure, che ciascuno cela del suo meglio, perché sa come altri
raramente ne proverebbero simpatia o compassione, bensì quasi sempre
soddisfazione, vedendo un’immagine delle pene da cui sono essi in
quel momento immuni. E forse non si darà mai il caso che un uomo, al
termine della sua vita, se capace di riflessione e in pari tempo
sincero, desideri di ricominciarla; ma invece ben più volentieri
sceglierà il completo non essere. Il contenuto essenziale del
celeberrimo monologo nell’Amleto è,
ridotto in breve, questo: il nostro stato è così miserabile, che un
completo non essere dovrebbe senz’altro essergli preferito. Ora, se
il suicidio ci portasse veramente al non essere, sì che
l’alternativa “essere o non essere” ci stesse innanzi nel pieno
significato della parola, sarebbe assolutamente da scegliere, come
una desiderabilissima conclusione.
(A. Schopenhauer, Il mondo
come volontà e rappresentazione)
«La rappresentazione del
conflitto della volontà con se stessa, i cui fenomeni combattendo si
dilaniano, fa sì che la tragedia conduca alla rassegnazione, alla
rinuncia della volontà di vivere, così avviene con Amleto,
con Margherita nel Faust e con il principe costante di
Calderon: “Il vero senso della tragedia è l’ approfondimento
della verità che ciò che l’ eroe sconta non sono i suoi peccati
personali, bensì il peccato originale, cioè la colpa dello stesso
esistere.»
(Ibid.)