"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 12, settembre 2007                                         


 

n. 12 °*° William Shakespeare: Spettro delle mie brame - fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 


 

 

43. Vladimìr Holan

 

 

 

 


              But never doubt I love

 

Un sorcio di chiàvica sul petto di Ofelia annegata,

afflitto dai suoi lividi e dall’odore precutàneo,

frignando squittisce, sospira, pesta, parla col naso

ed emette elegiache fiutate

lungo le sferiche abbreviature delle salive

in un gorgoglio geloso della corrente del fiume,

quando d’un tratto scorge sul ventre della naufraga una mosca carnaria.

Corre subito là e comincia a strapparne

La ràncida pelle facilmente cedevole,

rode e lacera e succhia, morde, preda e digruma,

assapora sommerse folate,

dilania e svelle esilissime vene sgomente,

bruca per diritto e traverso,

e beve a sorsi da botri nascosti

sotto brandelli infermicci, crespe cispose

e sfrontate nuvole di membrane e di cutìcole,

luccicanti come il suo schioccare,

preme in avanti la carne verso tutti gli estremi della coscienza

e si raddensa tutto e appesantisce nel suo sporgente spelare…

Ma come si fa offeso e diffidente

E invetria in agguato il proprio occhio sinistro,

quando in questo straziante dileggio della vita

gli appare intero il corpicino infantile…

 

(trad. di A. M. Ripellino e E. Ripellino Holochovà)

 

 

«Ma chi è l’Amleto di Holan? Di dove proviene? Gli manca un braccio. E’ rèduce dunque d’una guerra o da un Lager? Dal suo racconto si trae l’impressione che egli abbia qualcosa di impuro, di represso, di sadico. Ora ti sembra un maniaco sessuale, un venditore di frasi all’ingrosso, ora invece assomiglia ad un tenebroso da feuilleton, da Série Noire.

In una notte-cauchemar, non diversa da quella in cui gli apparve il fantasma del padre, si presenta al poeta, nella casa di Kampa, attorniata da una minacciosa Boemia-Danimarca, e, movendosi con sicurezza di sonnambulo, inizia il suo festival di cabotinage: ovvero dispiega, quasi a colmare l’orrendo mutismo del tempo, una facondia infrenabile, che scivola a tratti nella magniloquenza.

Benché il poema abbia forma dialogica, è difficile cogliere una differenza tra le parole sottilizzanti del poeta e le sentenze capziose del principe: al contrario, accade sovente che Amleto si faccia sdoppiamento di Holan, suo malessere, suo mister Hyde, incarnazione dei suoi demòni perversi e dei suoi labirinti.

Un lugubre barocchismo impetuoso, una tetraggine senza spiragli impastano e incalzano questa proliferazione di immagini truculente. Le commistioni verbali sempre vicine al pastiche, le oniriche incongruenze, i terrificanti barbagli da Grandguignol, i frammenti di litanìa surrealistica rendono superbamente la precarietà di quegli anni, l’orrore di un’esistenza braccata, la Unheimlichkeit della notte.»

 

(A. M. Ripellino, Prefazione a V. Holan, Una notte con Amleto. Una notte con Ofelia, Torino1993)


 

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