"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 12, settembre 2007                                         


 

n. 12 °*° William Shakespeare: Spettro delle mie brame - fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 


 

 

44. René Girard

 

 

 

 


«Il termine interpretazione», inteso nel suo significato corrente,  non è quello più appropriato per descrivere il mio lavoro. Io mi sono prefissato un compito più elementare: leggere per la prima vota alla lettera un testo che non è mai stato analizzato con l’occhio attento a temi essenziali della letteratura drammatica quali sono il desiderio, il conflitto, la violenza, il sacrificio.

Il piacere che ho provato nello scrivere questo libro è dovuto alle continue scoperte testuali rese possibili dall’approccio neomimetico. Shakespeare è autore più comico di quel che si pensi e, con la sua satira amara e cinica, molto più vicino alla nostra sensibilità di quanto non si creda. E’ un errore ritenere che sia impossibile ricostruire le sue intenzioni. Dai tempi del New Criticism, gli interpreti non si sono mai occupati delle intenzioni dei poeti ritenendole inaccessibili, e persino irrilevanti. Trattandosi di teatro, questo è un errore deleterio. Uno scrittore di commedie scrive avendo in mente certi effetti comici, e se noi non li comprendiamo non possiamo mettere in scena con efficacia la sua opera.»

 

(…)

 

«Laddove la maggior parte degli scrittori moderni dà per scontato che, per perpetuarsi, il potere abbia a sua disposizione delle risorse illimitate e una volontà non solo intelligente ma infallibile e demoniaca, Shakespeare pensa esattamente il contrario. Il potere, laddove esiste,  è di continuo minacciato, e si trova sempre sull’orlo del collasso poiché è affascinato dalla propria distruzione.

Incapaci anche solo di concepire una simile eventualità, Freud, Marx, Nietzsche e i loro odierni seguaci hanno causato effetti disastrosi sull’interpretazione di Shakespeare, l’autore di teatro per il quale i padri contano di meno, o contano solo in quanto si de-paternalizzano. I maestri del pensiero della modernità hanno dominato la nostra cultura così a lungo che persino quando ne respingiamo esplicitamente le tesi, condividiamo la base su cui sono state edificate. Per questo è per noi impossibile riconoscere il principio fondamentale su cui si fonda tutto il teatro di Shakespeare, quello dell’autodistruzione dell’autorità in ogni sua forma: la più profonda aspirazione del potere è l’abdicazione.»

 

(R. Girard, Shakespeare. Il teatro dell’invidia, Milano 2002)


 

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