«…il teatro dovrebbe tener 
              sempre presenti le necessità dell’epoca. Prendiamo ad esempio un 
              dramma antico come l’Amleto, e commentiamolo. 
              Considerati i tempi lugubri e sanguinosi in cui scrivo, 
              considerata la criminalità delle classi dominanti e la sfiducia 
              nella ragione che regna universalmente (…) ritengo che si possa 
              interpretare questa storia nel modo seguente: l’azione si svolge 
              in tempo di guerra. Il padre di Amleto, re di Danimarca, ha 
              ucciso durante una vittoriosa guerra di conquista il re di 
              Norvegia. Mentre il figlio di costui, Fortebraccio, si 
              prepara ad una nuova guerra, il re danese viene a sua volta ucciso 
              (…) dal proprio fratello. I fratelli dei re morti, divenuti 
              re, rinunciano a farsi guerra, e le truppe norvegesi che stanno 
              muovendo contro la Polonia hanno il permesso di attraversare il 
              territorio danese. Proprio in questo tempo, lo spirito del 
              bellicoso padre chiama il giovane Amleto perché vendichi il 
              delitto di cui egli è stato vittima. Dopo lunghe esitazioni se 
              rispondere o no col sangue al sangue, e quasi sul punto di 
              espatriare, Amleto incontra in riva al mare il giovane 
              Fortebraccio che si accinge appunto a muovere contro la 
              Polonia con le sue truppe. Sotto l’effetto di questo marziale 
              esempio, Amleto torna indietro e con barbara carneficina uccide lo 
              zio, la madre e se stesso, lasciando la Danimarca in mano ai 
              Norvegesi. Vediamo dunque come in tali circostanze un giovane 
              ma già adiposo gentiluomo faccia un uso assai maldestro della 
              nuova scienza, appresa da poco all’università di Wittenberga. 
              Nei conflitti del mondo feudale, la scienza gli è di impaccio. Di 
              fronte ad una realtà assurda la sua ragione manca di senso 
              pratico, ed egli cade vittima della contraddizione tra il suo 
              ragionamento e la sua azione.»
              
              (B. 
              Brecht, Piccolo Organon per il teatro, 1948)