«Ricordo che gli attori
menzionavano spesso a onore di Shakespeare il fatto che nei suoi
scritti (quale che fosse l’argomento) egli non cancellava mai un
verso. A questo io rispondevo, magari ne avesse cancellati mille,
e loro la giudicavano una risposta malevola. Ora, io non avrei mai
raccontato questo aneddoto ai posteri, se non fosse per
l’ignoranza di quegli attori, che in quella circostanza li spinse
ad elogiare il loro amico citando proprio il suo difetto
principale, e anche per giustificare la mia innocenza, perché io
volevo bene a quell’uomo, e ancora oggi onoro la sua memoria
(cercando di tenermi al di qua dell’idolatria) come chiunque
altro. Era davvero onesto, e di carattere libero e franco;
possedeva una straordinaria fantasia, idee ardite, ed era capace
di tirar fuori espressioni aggraziate con una tale facilità che,
talvolta, bisognava fermarlo: Sufflaminidus erat, come
disse Augusto di Aterio. Era completamente padrone della sua
intelligenza – ma non la governava con la dovuta fermezza. Gli
capitò spesso di fare degli scivoloni che non potevano non
suscitare il riso. Un esempio: un suo personaggio si rivolge a
Cesare e gli dice: «Cesare, tu mi fai un torto» e Cesare risponde:
«Cesare non ha mai fatto torto a nessuno, se non a ragione»*.
Ecco, cose di questo genere sono davvero ridicole. Ma le sue
qualità compensavano largamente i suoi difetti: in lui c’era molto
più da elogiare che non da perdonare.»
(Ben Jonson,
Timber: or Discoveries; Made upon Men and Matter, 1641,
in Workes, 1640)
* La
battuta di Cesare è un po’ diversa: «Cesare – tienilo a mente –
non fa torti a nessuno; né rende ragione senza motivo».