Gamlet
di Grigorij Kozincev (1964)
«…mura enormi
e piccole figure umane»
(G. Kozincev,
Shakespeare, Time and Coscience, London 1967)
Gamlet
è del 1964:
regia di Grigorij Kozincev, musiche perfette di Shostakovich.
Le parole sono della traduzione di
Pasternak. Frutto
delle discussioni con il suo maestro
Okhlopkov, Kozincev aveva
messo in scena Amleto al Teatro Puskin di Leningrado e lavorato per il film dal 1962
al 1964; gli dedicherà anche un saggio (Shakespeare, Time and
Coscience, London 1967).
Le film trovi scelte importanti: niente
non teatro filmato e neanche uno zeffirelliano film in costume;
frantumazione del testo; niente declamazione nella recitazione
(come l’Amleto di Amleto raccomanda agli attori) che
spesso è un sussurro. Nel complesso, una storia che possa far sentire
il presente in un mondo di pietra, ferro, fuoco, terra e mare. –
Se vedi il film in originale, non puoi non rimanere ammiratissimo
per l’impastarsi di voci silenzi e musiche, con attori che
si muovono in scene che ricordano l’Eisenstein di
Ivan il Terribile, in un bianco e nero di piombo: un
mercoledì delle ceneri, un tempo di fato già consumato che musica e luci
rendono perfino intollerabili.
Amleto corre all’inizio a
cavallo verso “un castello di Elsinore, che è un concetto, non un
semplice edificio” (P. Quarenghi, Shakespeare e gli inganni
del cinema, Roma 2002) e si fa chiudere alle spalle un
pesante ponte levatoio: come se quella corsa altro non fosse che
il precipitarsi del ragazzo nel suo mastodontico mortifero guscio
di noce.
Lo Spettro apparirà come
silhouette nera e enorme, che incombe col mantello al vento sul
piccolo figlio obbligato a non poter più essere se stesso.
Nello stesso anno in cui
Breznev cipiglioso spodesta Kruschev,
«Contrariamente
a Olivier, Kozincev è particolarmente interessato alla dimensione
politica del testo e cerca di recuperarla in tutta la sua
attualità del testo e cerca di recuperarla in tutta la sua
attualità (ma senza facili attualizzazioni). Amleto è un uomo che
lotta, con armi impari, contro il potere; un potere che nasconde
dietro cerimoniali impeccabili, dietro un’apparenza accattivante,
tutta la sua brutalità. Le forme di controllo che esercita sono
raffinate: da un’educazione repressiva a un sistema di
sorveglianza senza smagliature. I muri hanno orecchie; dovunque ci
sono porte dietro le quali nascondersi; ogni suono crea echi,
bisbigli, fruscii.» (Ib.)
Amleto è
Innokenti Smoktunosvki che, dopo essere stato fatto
prigioniero dei tedeschi durante la Seconda guerra mondiale, era
stato deportato nell’Arcipelago Gulag ai tempi di Stalin. La
solitudine del suo Amleto fa pensare più a un isolamento politico
che a una nevrosi senza vera storia. Lo distrugge il contesto e la
sua ribellione resta un atto futile e suicida: dopo la sua morte,
a tiranno succede tiranno. E il suo cadavere gentile viene subito
nascosto dalla folla che saluta il nuovo sovrano.