«Tutto il nostro 
          ragionare si riduce  a cedere al sentimento.» (B. Pascal, Pensieri)
          
          
           
          
          
          «…appena non si 
          è più appassionati, si diventa stupidi.» (De Sade, Storia di 
          Juliette)
          
          
           
          
          
          «Ognuno ci 
          misura col suo metro: di solito un metro da sarto»
          
          
          (A. 
          Schopenhauer, Parerga e paralipomena)
          
           
          
           
          
          Le metafisiche inappuntabilmente 
          schopenhaueriane che rampollano fuori di gitto dai personaggi 
          shakesperiani, meteore di pessimismo scaraventate come pietre dalle 
          frombole o le facce dei clown da perfide scatole a molla, saranno 
          anche tanto d’effetto, e di per sé poetiche infinitamente. Resta il 
          fatto che tali virtuosistiche contemplazioni del mal di vivere ai 
          sopraddetti vengono solo perché qualche parente più o meno stretto, 
          qualche sottoposto infingardo o un superiore livoroso, ha fatto la bua 
          all’ambizione. Mica per altro il mondo agli occhî loro il mondo intero 
          appare rivelarsi una poltiglia indigesta di Volontà & 
          Rappresentazione. Ma son bazzecole all’occhio del cielo sempre sereno 
          sopra nuvole del resto provvisorie e indifferenti: il peggio che possa 
          capitare è perdere un regno per lo più caotico e infido, che venga 
          scoperto un proprio delitto inutile e malcommesso, che un paio di 
          sicarî vengano ad accorciare una vita del resto fino ad allora non 
          troppo encomiabilmente spesa... Da una di queste feritucole 
          occasionali aperte al centro dell’Io tronfio e supponente, schizza 
          fuori il gran dispitto moralista che bestemmia un caos cosmico e 
          generale, inezia ontologica fino a un attimo prima insospettata del 
          tutto. E quasi sempre, assieme al dispitto, un desiderio di vendetta 
          che, potendo, andrebbe da Adamo alla settantesima generazioni di noi 
          posteri di tutto! E’ l’umano troppo umano di eroi spesso 
          pericolosamente fatti tutti d’un pezzo. Che certe tirate sublimi 
          nascano dalle generalizzazioni di un ego ferito, è appunto Shakespeare 
          che lo rende evidente allo spettabile pubblico che per un paio d’ore 
          avrà il privilegio di guardare il mondo senza invischiarsi.