«…i testi – o meglio i copioni –
dei drammi non venivano considerati opere letterarie. La straordinaria
vitalità che essi hanno tuttora, la loro modernità stanno proprio nel
fatto che erano nati come pretesti per un evento scenico che si
rinnovava di giorno in giorno, mai uguale a se stesso. E’ questo
carattere di impermanenza, di continua mutabilità che accentua e quasi
impone la qualità poetica ai testi drammatici: un teatro senza
possibilità scenografiche è costretto ad esercitare la sua suggestione
sul pubblico esclusivamente attraverso la magia della parola e lo
stretto contatto fra l’attore e quel pubblico, un contatto fisico per
cui lo spettatore, come si diceva, diviene il confidente e
l’interlocutore privilegiato dell’attore. In tali condizioni il testo
scritto del dramma è solo appunto un ‘copione’, una partitura, un
pre-testo, che si realizza soltanto mediante la collaborazione e la
partecipazione di attore e spettatore. Il testo vero, insomma, è la
rappresentazione, lo spettacolo.»
(G.
Melchiori, Shakespeare, Roma-Bari, 2005)