"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 13, settembre 2007 

 


 

n. 13 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 13

 

 

46.  Recitar da femmine

 


 

«Influsso delle donne. Sulla scena dell’antico teatro inglese le parti da donna erano rappresentate da giovinetti, e, proprio per questa istituzione originariamente moralistica, la rappresentazione degenerava nell’indecenza più smisurata.»

(F. Nietzsche, Frammenti postumi. Vol. I: Autunno 1869-Aprile 1871, Milano 2004)

 

 «La convenzione forse più irriducibile e violenta che dovettero fronteggiare gli spettatori elisabettiani era quella che non contemplava le donne nella compagine delle compagnie drammatiche: le parti di donna, infatti, erano invariabilmente sostenute da adolescenti di sesso maschile. Le parti di Giulietta e di Lady Macbeth furono recitate, per la prima volta, da giovinetti imberbi. La Rosalinda di As you like it e la Viola di The twelfth night erano dei ragazzi mascherati da donne travestite da uomini. Sull’ambiguità sessuale dei personaggi, stingeva ampliandone la portata e l’equivoco, l’ambiguità sessuale degli attori.»

(G. Baldini, Manualetto Shakespeariano, Torino 197????)

 

«Vero. (Oh fortuna): “stingeva” la finzione-simulazione tout court, a tutto vantaggio d’una lingua linguaggio che esalta le situazioni, sdrammatizzandone il patema da quattro soldi e l’attendibilità dell’intreccio fine a se stesso, ma certamente esautorava l’angustiato concetto di rapporto maschio-femmina. Ora, questa incredibilità relativa (?), l’inattendibilità d’un ragazzo (Viola) nel ruolo di una donna che si traveste da uomo per farsi amare, è, sì, una complicazione dell’intreccio: è una seconda trama sulla prima, che oscura quasi la comprensione di se stessa.»

(C. Bene, Opere, Milano 2002)

 

«…il problema era costituito piuttosto dalla parte di Ofelia, che doveva essere affidato ad un ragazzo avventizio della compagnia, di quelli che cambiavano di anno in anno, come ambigua, che si presta a tutta una gamma di interpretazioni contrastanti: ha trasformato così un’esigenza tecnica in sottigliezza psicologica, creando una figura di raccordo contraddittoria, che impersona la fondamentale ambiguità e polivalenza dell’intero testo di Hamlet, nel suo insieme ed in ogni sua battuta.»

(G. Melchiori, Shakespeare, Roma-Bari, 2005)


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