"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


 

n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

 

4.  Aaaaa-zione!

 

 


«…ogni progetto che tenta la comprensione e l’abbraccio totale è follia.»

(U. Galimberti, Parole Nomadi, Feltrinelli, 2006)

 

«Con le opere devi correggere la tua cattiva volontà, che si è data a opere viziose.»

(Pseudo Meister Eckhart, Diventare Dio, Milano 2006)

 

«Invece, nella condizione in cui mi trovo, ignorando quel che sono e quel che debbo fare, non conosco né la condizione né il mio dovere.»

(B. Pascal, Pensieri)

 

«Per noi in principio c’era l’azione. La parola l’ha seguita, sua ombra sonora.»

(L. Trotskij, Letteratura e rivoluzione)

 

 Il caotico cielo stellato sopra di me sarà la prova che nessuna legge morale è dentro di me? (E viceversa?) – Certi Dover Essere possono rendere, invece che puntuali come il suo inventore, svogliati. Foss’anche, usciamo, usciamo dall’introverso blablà di Amleto, e pensiamo un po’ agli altri! Ne guadagnerà moltissimo la comprensione non solo del dramma, ma della stessa personalità del Nostro! - Che il principino dialettico sia apparso a troppi un ciancicadubbî sistematico, costretto per eccesso di sottigliezza a incantarsi ogni volta a un passo dal fare, potrà essere un peccato solo nostro, attivissimi a sentirci intelligenti giudicando lui vanamente questionante dal fondo della nostra fetale poltrona.

I fatti già da soli ci dicono che, mentre monologa con noi cinque minuti alla volta, dentro il dramma Amleto ne combina di tutti i colori, fin troppo turbinosamente e quasi mai tenendosi all’essenziale (il che, del resto, come dirà Baudelaire nel Mio cuore messo a nudo, è proprio il segno della giovinezza): «Il risultato però è morale, cioè questo: che noi da ciò che facciamo riconosciamo ciò che siamo, e così pure da ciò che soffriamo riconosciamo ciò che meritiamo.» (A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena).

 

VLADIMIRO  E se ci pentissimo?

ESTRAGONE Di cosa?

VLADIMIRO Be’… Non sarebbe proprio indispensabile scendere ai particolari.

(S. Beckett, Aspettando Godot)

 In quanto a (cattive) azioni, Amleto ha i suoi precedenti per niente nascosti nel dramma: sa infatti tutto delle gozzoviglie dei giovani universitari fuori sede, lontani dagli occhî seriosi di mamma e papà. I ricordi con gli amici ritrovati – tanto Rosencrantz e Guildenstern che Orazio – sono di crapule e bisbocce. Risucchiato nel vortice ovviamente traumatico della morte improvvisa di un ancor giovane babbo, e dal matrimonio istantaneo della mamma con lo zio, l’avventatissimo Amleto (ricordarsi tutti quei “fermati!” dei suoi compagni sullo spalto del primo atto!) si infiamma sia per uno spettro che andrebbe invece molto prudentemente meditato, che per un gruppo di attori girovaghi a cui subito propina versi nuovi per il dramma. Grafomane per Ofelia, schizza come un Gatto Silvestro dal letto incestuoso della mamma a infilare un arazzo scommettendo di far fuori il topo giusto. La congiuretta di Rosencrantz e Guildenstern la rigira contro i due senza l’uggia d’uno scrupolo. E, dopo avergliela facilissimamente menata a un’intera nave di pirati, salta con Laerte sulla tomba di Ofelia urlando imprecando e sfidando, per infine scatenarsi nel duello letale, in cui però ci si svelerà straordinariamente allenato.

Ecco allora nel principe qualcosa di più e di opposto del giovine dai «rari piaceri» (N. Frye, Shakespeare, Torino 1990) e del «primo degli intellettuali infelici» (G. de Santillana – H. von Dechend, Il mulino di Amleto, Milano 2003)! Avevano ragione i compagni del primo atto sugli spalti a guatare l’arcigno fantasma: «Fermati, Amleto!».

Trattasi del resto di un giovane che – lo zio patrigno più volte lo ripete – troppo amato dal popolo per poterlo liquidare impunemente; e l’amore delle masse non lo si accatta certo a forza di busillis e sillogismi fantasmatici: quell’amore confermerà piuttosto una sua felice estroversione, un’affettività del tutto risolta nel mondo, e per questo varrà bene vederlo tra gli attori arioso e musicale, elegante e amorevole. 

Gadda accantonava in una nota un accenno, forse, alla stessa questione: «Un discorso circa la creduta abulia amletica, circa il determinismo e l’asserito agnosticismo del dramma sarebbe qui fuori di luogo. E’ un discorso complicato però» (C. E. Gadda, I viaggi la morte).  

Tipo questo dell’amletico Bruto: «Tra l’esecuzione di una terribile azione e il primo impulso a farla, tutto l’intervallo è quale un fantasma o un orribile sogno; l’anima che ragiona e le terrene passioni stanno allora a consiglio; e lo stato dell’uomo, quale piccolo regno, soffre allora una specie di rivoluzione» (Giulio Cesare, Atto II, sc. 1)? – L’azione catastrofica, lenta e inesorabile, nelle comiche di Stallio e Ollio si chiamava slow burning. - Pensabile quindi, tra pensiero e azione, un dimenarsi a fuoco lento, fino a fare niente invece che tutto, fino a un tutto da niente: «Una azione fermata nell’atto abortito è quanto m’è piaciuto definire sospensione del tragico. E’ così che, grazie all’interferenza d’un accidentaccio, la surgelata lama del comico si torce lancinante nella piaga inventata tra le pieghe risibili-velate della rappresentazione nel teatro senza spettacolo. Annientamento erotico.» (C. Bene, Opere, Milano 2002).


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