Hamlet - Now might I do it pat, now he is praying;
And now I'll do't. And so he goes to heaven;
And so am I revenged.
(Atto III, sc.
3)
“Dimenticate,
perdonate, riconciliatevi e fatela finita…”
(Riccardo II,
Atto I, sc. 1)
A proposito degli inconvenienti
della vendetta, andrà aggiunto un argomento non morale e non da poco:
era già nelle regole del genere delle tragedie di vendetta che
questa, come i colpi audaci di soliti ignoti ingegnosissimi in tutti i
noir, fallisse.
Eleonor Prosser, in
Hamlet and Revenge (1967) ha analizzato tutti i drammi di
vendetta elisabettiani: su 21 appena 4 hanno qualche ambiguità nel
condannarla: «anche l’esame di una trentina di personaggi
shakespeariani che trattano della vendetta al di fuori dell’Amleto
non implica la premessa della validità della vendetta personale: Tito
Andronico e Prospero sono due lati della stessa medaglia, per non
parlare dell’orrore della catena di vendette che attraversa le tre
parti dell’Enrico VI» (G. Restivo, Percorsi della
critica su Amleto, in Tradurre/Interpretare “Amleto”,
Bologna 2002).
Di nuovo come sarà per le regole
del cinema hollywoodiano, questo cristallizzarsi del genere in un plot
pressoché obbligato rimanda a sua volta a principi teologici
inappellabili, su cui perfino il presidente Bush avrebbe fatto
bene a soffermarsi: essendo di Dio l’esclusiva del castigo del male
compiuto («Mia sarà la vendetta», Deuteronomio, 32, 35,
e nella Bibbia la parola è un must: torna 68 volte, e
altrettante le voci del verbo vendicare!), attuare la
vendetta «nella tradizione elisabettiana (…) attuarla era cadere in
peccato mortale. In A Treatise of Melancholie di
Timothy Bright (1586) si specifica inoltre che il melanconico è
particolarmente soggetto a questo tipo di tentazione da parte di
Satana» (G. Restivo, Op. cit.).
Il che potrebbe spiegare meglio
perché Amleto, uscito dalla prima concitazione, s’interroghi se la
vera natura dello Spettro sanguinario sia maligna al punto da
sospendere il giudizio.