"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


 

n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

 

27.  ...questo è il...

 

 


«Essere o non essere: questo è il problema.»

(Amleto, Atto III, sc. 1)

 

«poche persone anteporrebbero il giusto all’utile se non fossero trattenute dal timore di Dio o dall’attesa di un’altra vita.»

(CARTESIO, Meditazioni metafisiche sulla filosofia prima, 1641)

 

 

«La scienza è felice di rispondere

Che i fantasmi che ossessionano la nostra vita

Diventano trattabili con specchi e telegrafo,

che la canzone lo zucchero e il fuoco,

coraggio e occhi imperiosi

sanno farci piuttosto bene.

Ma come escogitare un’abitudine?

La nostra meraviglia, il nostro terrore rimane.»

(W. H. Auden, Il mare e lo specchio)

 

  

…non si potrà fare che così: intendere il to be or not to be, «il liso monologo» (G. Baldini, Manualetto shakespeariano, Torino 1967), come il colpo di teatro capitale dell’opera («per quanto triste, rimane il cuore della tragedia», N. Frye, Shakespeare, Torino 1990). Rincara Girard: «In Shakespeare, come in tutti i grandi scrittori mimetici, l’indecibilità è la regola…» (R. Girard, Shakespeare. Il teatro dell’invidia, Milano 2002). Essere o non essere? Come per Lorenzaccio, «più che porsi il dilemma, era il dilemma a porsi» (C. Bene, Opere, Milano 2002).

 

Dunque: né glossa incomprensibile all’azione-che-non-c’è; né un soliloquio di meno tra i tanti che Amleto sparge in questo suo tratto estremo di vita; né la parentesi bisbigliosa dell’attore che non sa proprio più come dirla e allora quasi si scusa; né il Do di petto del tenor-mattator-matador che tutti gli astanti attendono tal quale l’acuto apocrifo del Di quella pira (Ah è così? - vedi Carmelo Bene - allora passo la battuta a Orazio!).

 

Ora, resterà sempre più facile fare i baffi alla Gioconda che da un paio di baffi tirar fuori Monna Lisa, il che pare invece essere proprio quello che Amleto junior seppe fare, col to be or not del brusco pulsionale precetto dello Spirito Paterno (“Vendicami!”).

 

 

 

Questo è il problema” è l’Eureka di Amleto, la mela satanica che, cadutagli in capo, gli svela la vera gravità della cosa: che cosacce tocca fare se si vuole ancora essere… il che non vuol dire che il pubblico colga qualcosa di più d’un do di petto, che tanto meglio sarebbe se non ci fosse. Difficile immaginare delle Giuste istruzioni per lo spettatore dell’essere o non essere: e vengono in mente Petrolini («Io non ho mai capito che cosa voleva Amleto») e Nietzsche: «Possibile? L’ascoltatore avrebbe delle pretese? Le parole dovrebbero essere comprese?» … Essere o non essere non sembrerà facile neppure all’omino della Bialetti che però conosce la finezza d’un caffè. In caso contrario, a chi credesse che il dilemmatico monologo si riduca a chiedersi se valga la pena di campare ancor o addormentarsi da salme, benché tra gl’incubi, piazziamo di Eraclito l’oscuro il molto amletico e micidiale frammento: «La Morte è tutto ciò che vediamo desti, e tutto ciò che vediamo dormienti è il Sonno» (fr. 21 Diels-Kranz). O peggio, e ancora più amletico, il suo vero incubo esplicitato: «Pensiamo questo pensiero nella sua forma più spaventosa: l’esistenza così come è, priva di senso e di scopo ma che inesorabilmente ritorna senza concludersi nel nulla: ecco l’eterno ritorno – la forma più estrema del nihilismo» (F. Nietzsche). Il destino che Dante riserva solo alla maggioranza cattiveriosa dell’Inferno; ma lo stesso che leggi nel celeberrimo Dialogo di un venditore di almanacchi e un passeggere: il per sempre del già stato sarà sempre l’incubo più temuto. – Come quasi sempre, può aiutare Schopenhauer: «una matura considerazione della questione dà per risultato che a un’esistenza come la nostra sarebbe da preferire la completa non esistenza, l’idea della fine della nostra esistenza, o di un tempo in cui non saremmo più, può ragionevolmente turbarci così poco come l’idea che non siamo mai stati» «Come l’uomo è, così egli è obbligato ad agire» (A. Schopenhauer, Parerga e paralipomena).

 

 

 

Intanto due cose: benché eletto patrono dei melanconici accidiosi, Amleto – testo alla mano! – si annoia pochissimo, e coi suoi teatrini si dà fin troppo da fare. Niente énnui, niente spleen, niente stanchezza: a prescindere dal fatto certo notevole che Amleto resti sospeso sul fallimento della sua prova ontologica del Non-Essere. Sperava che almeno il nulla offrisse delle garanzie (G. Manganelli, Monodialogo, in  Tragedie da leggere, Torino 2005). E invece no. Bella scoperta, direbbe Parmenide-Severino.

 

«I drammi che noi daremo si pongono decisamente al riparo da qualsiasi commentatore segreto. Non serve a nulla – dirà qualcuno. Ci esimerà dal replicare – rispondiamo noi» (A. Artaud, Il teatro e il suo doppio).


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