"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


 

n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

 

24.  Non lo fo per piacer mio

 

 


 

«Dio mio! come è triste trovarsi solo a quattordici anni con una terribile vendetta da compiere!»

(A. Jarry, Ubu re)

  

Più che l’impeto, Amleto sperimenterà «la noia della vendetta», del dover aggiungere  alla faida «un anello ulteriore, identico ai precedenti». Del resto o questo o – alla lettera - niente: «Cercare l’originalità nella vendetta è un’impresa vana, ma rinunciare alla vendetta in un mondo che la considera un «dovere sacro» equivale ad escludersi dalla società e ritornare al nulla» (R. Girard, Shakespeare. Il teatro dell’invidia, Milano 2002).

 

La vendetta è uno standard, ha protocolli e procedure del resto facili ma inesorabili: vedi come vi si adegua d’istinto il parigino Laerte. Amleto è tenuto dunque a un percorso che non solo il bravo analista chiamerà di «spersonalizzazione» (M. Carotenuto, L’ombra del dubbio. Amleto nostro contemporaneo, Milano 2005): per molti quanto di meglio da chiedere alla vita. Di fronte a questo salto nell’indifferenza di un gesto però terribile e senza ritorno, vendicarsi o non vendicarsi? «Le due scelte sono entrambe insensate» (R. Girard, Op. cit.). Shakespeare, esperto mondiale della vendetta, sa “per prova” che si tratta di accanirsi in gesti che non portano da nessuna parte. Aveva esordito come autore splatter e pulp, capace di effettacci trash che Tarantino si spera non venga mai a sapere:

 

«Tra i generi per allora di moda c’era, anzitutto, la tragedia d’orrori di tipo senechiano che cercava di inserirsi nella scia dei successi della Spanish Tragedy del Kyd. Su quella traccia Shakespeare compone un truce e sanguinario melodramma intitolato Titus Andronicus, in cui gli orrori di Kyd vengono triplicati e, con quelli, il successo.»

(G. Baldini, Manualetto shakespeariano, Torino 1967)

 

Nel Titus, testo che «i critici toglierebbero volentieri a Shakespeare» (Ibid.), lingue e le mani tagliate e figli cucinati da offrire in pasto!... (Però, a parte in teatro la versione celebre di di Brook, anche quella cinematografica più recente di Julie Taymor (1999) con Anthony Hopkins non era male). La vendetta: Come la volontà di Schopenhauer e Nietzsche ne genera se stessa, come la Lupa di Dante si affama col suo stesso pasto, il suo circolo gira in eterno. Pulsione di morte che cerca pretesti: la sua onnipotenza è vuota, scardinata da ogni morale; caso mai, lei stessa dietro le quinte a sburattinare tutte le morali.


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