«Gente come me
che striscia fra terra e cielo, che sta a farci al mondo?»
(Atto III, sc.
1)
ROSALINDA - Si
dice che siate una persona malinconica.
JAQUES - Sì; mi
piace più essere così che ridere.”
(Come vi
piace, Atto IV, sc. 1)
«Non è colto
essere felici: io ho studiato il greco e i verbi irregolari tedeschi.»
(G. Manganelli,
High tea, in Tragedie da leggere, Torino 2005)
«Nelle regioni “di mezzo” il
pensiero è solo con se stesso, a sperimentare l’estraneità alla lingua
collettiva e la lontananza dal mondo di tutti. Più che luoghi, queste
regioni sono condizioni mentali, crisi, esperienze estreme: dove il
soggetto “agisce soffrendo”, conosce distaccandosi, negli antichi
stati d’animo dell’ironia e della malinconia, nelle nuove avventure
psichiche dell’angoscia e della disperazione.»
(L. Koch, Al di qua o al di là
dell’umano, Milano 1994).
Walter Benjamin ricorda che la
codificazione del melanconico viene dalla scuola medica di Salerno, e
dal suo esponente principe, Costantino Africano, che nel XII secolo
aveva definito il melanconico «invidioso, triste, avido, avaro,
infedele, pauroso e terreo» (W. Benjamin, Premessa
gnoseologica a Il dramma barocco tedesco, Torino 1999).
«Pallido come la sua camicia, i ginocchi che battevano l'uno con
l'altro, e un viso che faceva pietà a vedersi» è Amleto incontrato da
Ofelia subito dopo l’apparizione dello Spettro (Atto II, sc. 1);
e Amleto dirà del suo carattere a Ofelia «pieno di superbia,
vendicativo, ambizioso», ecc. (Atto III, sc. 1).
«Che cos’è accaduto in fondo? Si
raggiunge il sentimento della mancanza di valore quando si
comprese che non è lecito interpretare il carattere generale
dell’esistenza né col concetto di “scopo”, né col concetto di “unità”,
né col concetto di “verità”. Con ciò non si ottiene e raggiunge
niente; nella molteplicità dell’accadere manca l’unità che permei
tutto: il carattere dell’esistenza non è “vero”, è falso…, non
si ha assolutamente più ragione di mettersi in testa un mondo vero…»
(F. Nietzsche, Così
parlò Zarathustra).