«Altre volte il Cavaliere si
precipitava infervoratissimo in scena e attaccava d’impeto, tale e
quale un pugile deciso a chiudere il match prima del limite, teschio
alla mano: “Essere o non essere…” – dissuaso a gran voce dalle
quinte.
Frastornato dal brusio,
distratto, s’inceppava per poi riprendere sempre più accanito:
“…morire, dormire, nulla…” E gli stessi cherubini che si premuravano
di zittirlo, adesso addirittura in scena, lo cingevano con
dolcissima troppo umana camicia di forza per ricondurlo fuori scena,
alla realtà dell’intervallo. Era forse impazzito il Cavaliere?
Niente affatto, gli è che il sipario non s’era ancora aperto. Non se
n’era avveduto il Cavaliere, tutto qui.»
(C. Bene, Opere, Milano
2002)