"Il Compagno segreto" - Lunario letterario.Numero 12, settembre 2007 

 


 

n. 12 °*° W. Shakespeare : Fantasmi di Amleto  °*° n. 12

 

 

16.  Causa e difetto

(Cosa si pensa e cosa si fa. Schegge sull’impasse)


 

AMLETO - Così ci fa vigliacchi la coscienza, l’incarnato naturale della determinazione si scolora al cospetto del pallido pensiero. E imprese di grande importanza e rilievo sono distratte dal loro naturale corso, e dell’ azione perdono anche il nome.

(Atto III, sc. 1)

 

 

POLONIO - E ora resta da scoprire la causa dell’effetto, O, piuttosto, la causa del difetto, dacché dev'esserci pure una causa di quest'effetto difettivo. Questo è il punto…

(Atto II, sc. 2)


 

«Il mistico non può progettare l’estasi!»

(CB in: U. Artioli – C. Bene, Un Dio assente, Milano 2006)

 

«Che poi noi si sia quello che ci manca, beh!, questo è un altro fatto…» (Ibid.)

 

«Tutto il mio arco di personaggi – se vuoi dire così – fanno cose che non vogliono fare, sprogettano il progetto che fanno: Amleto non vuole Amleto, Lorenzaccio non vuol essere Lorenzaccio, Giannetto non vuol essere Giannetto perché avrebbe il terrore dell’identità. Il mio arco è tra l’autolesionismo e il masochismo tout court(Ibid.)

 

«Ogni trovata è persa.»

(C. Bene e G. Dotto, Vita di Carmelo Bene, Milano 1998) 

 

«Dunque, prima l’effetto e poi la causa. E tuttavia non credo che ciascuno sia condannato ad apprezzare questo intervallo così sconcertante. Possiamo prevedere il già accaduto, non prevenirlo, come l’attore che reciti una parte di cui sa tutto in partenza. Ecco mortificato ogni progetto. Perché mai tanto viaggio, se l’intento fiorisce dall’esito?» (C. Bene, Opere, Milano 2002)

 

«Non si nasce a gestire, all’agire-patire: ci è tutto inflitto dalle circostanze.» (Ibid.)

 

«Lorenzaccio è quel gesto che nel suo compiersi si disapprova. Disapprova l’agire.» (Ibid.)

 

«L’azione avrebbe consumato la sua storia da sé…» (Ibid.)

 

«C’è qualcosa di definitivo in un atto, e questo tipo di persona lo guarda perciò con sospetto. L’azione esaurisce la possibilità, sclerotizza la libertà: se non si può evitarla del tutto, ogni atto deve almeno conservare una natura equivoca, che consenta all’«io» di sfuggire alla trappola.»

(R. D. Laing, L’io diviso, Torino 1969)

 

«Per me il teatro, se vuoi la definizione, è impasse» (C. Bene in F. Quadri, Colloquio con Carmelo Bene, in Il teatro degli anni settanta. Tradizione e ricerca, Torino 1982).

 

E Amleto «tutto un saggio sull’impasse» (R. Bianchi e G. Livio, Incontro con  Carmelo Bene, «Quarta Parete», 1976).

 

«Bisogna per forza fare qualcosa? L’importante è far niente, ma fare.» 

(C. Bene, Opere, Milano 2002)

 


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