“Il
piacere, insomma, esiste sono nell’istante, e non vi è
nulla di
più individuale, di più incerto,
di più incomunicabile”
(P.
Valéry, La caccia magica).
Gli individui “godono
come possono e di ciò che possono, e la malizia della sensibilità è
infinita” (La caccia magica). - Lo
stesso si leggerà, in tempi di ubriacature ideologiche e
pedagogiche ancora forti proterve e spocchiose, in Roland
Barthes, che seppe riconoscere - inedito dell’edito! - la
“natura asociale del piacere”
(R. BARTHES, Il piacere del testo),
il quale piacere “non è un
elemento del testo, non è un residuo ingenuo; non dipende da una
logica dell'intendimento e della sensazione, - è una deriva, qualcosa
che è insieme rivoluzionario e asociale e non può essere adottato da
nessuna collettività, nessun idioletto. Qualcosa di neutro? E’
evidente che il piacere del testo è scandaloso: non perché è
immorale ma perché è atopico”
(ib.).
Senza
il piacere, del resto, niente: è lui “che
stimola l'intelligenza, la sfida, le fa amare la sua stessa sconfitta”
(La caccia magica),
a nutrire “l’attesa
appassionata” insegnando il “volere...
E addirittura non volere eccessivamente’’ (Varietà).
E’
evidente che in questa educazione al piacere l’autore è il lettore!
E il godimento oscilla, come abbiamo letto, atopicamente tra
pensiero e sensualità... - Il rapporto tra autore &
lettore come una relazione tra complici paradossali è definita quantisticamente
in quanto segue:
Al
“gran jour des sensations” come lo definisce Mon Faust,
alla pienezza vitale dell’esperienza sensibile e del suo
voluttuoso assaporamento subentra, per il solo sviluppo della
sensazione in pensiero, la frattura, il gelido distacco
dell’attenzione cosciente. Fra vita e pensiero si instaura un
dualismo che li oppone e li attiva solo alernativamente:
“Parfois je pense, parfois je suis” è il motto di questo
“io” post-cartesiano. Uno dei più raffinati studiosi di Valéry,
Ned Bastet, ha parlato di “une sorte de relation
d’Heisenberg” per definire l’impossibilità del pensiero di
cogliere la vita “dans sa signification pure”...”
(M.T.
GIAVERI, Intr. a P. VALÉRY, Il cimitero marino, Il
Saggiatore 1984)