"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 10, maggio 2005

 


             Degas Danza Disegno di Paul Valéry

 

 

     15.  Variare varianti

 

 

 


 

C'è soltanto una cosa da fare, rifarsi.

(Quaderni, vol. I)

 

Vi sono essenzialmente due modi di considerare un'opera di poesia: vi è un modo, per dir così, statico, che vi ragiona attorno come su un oggetto o risultato, e in definitiva riesce a una descrizione caratterizzante; e vi è un modo dinamico, che la vede quale opera umana o lavoro in fieri, e tende a rappresentarne drammaticamente la vita dialettica. Il primo stima l'opera poetica un valore; il secondo, una perenne approssimazione al valore; e potrebbe definirisi, rispetto a quel primo e assoluto, un modo, in senso altissimo, pedagogico...

(G. Contini, Come lavorava Ariosto, in: Esercizi di Stile)

 

Si finirà mai di rendere il reale  il più vicino possibile al possibile

Almeno, l’arte, che è più lontana dalla morte della vita, possiede il privilegio poter abolire lo scandalo della scelta, di lasciar coesistere le mille possibilità che la freccia banale del tempo massacra...  

Viene in mente il dottore dellInsostenibile leggerezza dell’essere, che non sa scegliere tra una vita con Teresa e una senza, perché - ahimé - una sola è la vita. - Se non la vita larte sa come truccare la natura irremeabile (G. Leopardi, Zibaldone) del tempo, ed essere più intelligente della vita stessa, producendo la coesistenza dei possibili: una poesia con varianti è uno scandalo per l’opinone comune e volgare. Per me, è un merito. L’intelligenza è definita dal numero delle varianti (Quaderni, vol. I)

 

Che le varianti facciano o meno una gerarchia che si arrampica dall’imperfetto al capolavoro compiuto sarà il problema su cui indugiare a piacere. - Foscolo, per esempio, proponeva platonicamente allo studio dei giovani poeti, come caso mirabile di unascesa perfetta, le tre versioni dellOrlando Furioso: lì da imparare tutto un mestiere, scrutando come il poeta dipana il filo giusto fuori dalla selva oscura delle infinite iniziali imperfezioni, fino a far emergere il testo compiuto. - Che però Ariosto non sentì affatto tale: si pensi solo al dramma dei cinque canti espunti!... 

 

 

Le varianti poi complicano ancora di più il mistero nel caso che l'autore vada - nessun pericolo è mai escluso - a peggiorare il testo: eclatante il caso delle Gerusalemmi del Tasso, la cui versione migliore - la babele dei lettori una volta tanto unanime! - è quella che fu salvata giusto da un atto di rapineria inqualificabile editoriale, scippando  l’autore nel pieno del suo work in progress! - E almeno Giovanni Macchia non ha avuto remore a vedere nel ventennale lavorìo di Manzoni sui Promessi Sposi un peggioramento irreparabile rispetto alla freschezza galoppante dell’ispiratissimo Fermo e Lucia

 

Da questa deriva nel peggio, proprio Valéry, cultore della variante infinitamente migliorativa, sarebbe stato tutt'altro che esente, almeno secondo il saggio di Nathalie Sarraute, Valéry e l’elefantino (Einaudi, 1988).

 

Ma torniamo alla questione generale.

L’infinto variare  di varianti ha il suo testo supremo, e dunque canonico paradossalmente, nel primo libro compiuto della poesia europa: il Canzoniere  di Petrarca. - Gianfranco Contini, che lo studiò mirabilmente, seppe mostrarlo come un cantiere fino alla fine aperto, dove le varianti in corso d’opera sono la costante del valéryano architetto che mai smette di lavorare a un’opera che sempre più finisce col coincidere con il proprio interminabile Sé.

 

 

Petrarca lavorò - clandestino e costante - per un trentennio a un’opera che si cristallizzò in una forma ferma solo per il caso della morte del suo autore. - Non solo: perché le 366 poesie di quel libro ambiguo e segreto, a loro volta non sono che variazioni sulla stessa amorosa dolenza... non è certo nel significato la suspense che permette il discorso circolare di un vecchio innamorato:

 

La dichiarazione non verte sulla confessione dell’amore, ma sulla forma, commentata all’infinito, della relazione amorosa (...). Parlare amorosamente, significa dissipare senza limite, senza soluzione di continuità; vuol dire praticare un rapporto senza orgasmo. Forse esiste una forma letteraria di questo coitus reservatus: il preziosismo.

(R. BARTHES; Frammenti di un discorso amoroso)

 


  torna a 

 

        torna su