Il
Settecento s’insettecenta, care signorine, quando il Seicento si
Deseicenta, e cioè quando si scoprì la beltà della servetta.
Una
servetta deliziosa che eccita il suo banale barone può essere molto
più viva, interessante e divertente dell’ennesimo giuliocesare
neroniano coi cuturni e le arie alla Haendel coi daccapo. Con la servetta ci si riconcilia con se stessi e si
scopre il proprio Tempo come un’età fortunata, in cui vale la
pena vivere. Si celebra allora la vita per quello che è: messo Dio
sempre un po’ più in là, torna, se non l’Amore, il Desiderio a
dare il La della felicità: ci si sposa, ci si cornifica, ci si
innamora, ci s’incapriccia, si tresca, si palpita, si mente, si
ricomincia... – Siccome si è imparato il gusto
dell’intelligenza svelta, ed elegante perché svelta, lì dove
l’Amore non ossessiona troppo, la passione di sé porta a
intrescare relazioni gustosamente pericolose.
Si
scopre che le leggi del desiderio sono leggi, come tali elementari
come quelle della guerra o della chimica. Si riconosce così che la
Donna è come l’Uomo: né meglio né peggio, né più in basso né
più in alto: muore la gelosia rovinosa, trionfa la tolleranza di
chi ha imparato a riconoscere che Così fan Tutti, e Tutte... A
proposito della gelosia, era da sempre chiaro che, almeno quella del
Seicento, con l’Amore non c’entrava niente: chi tradiva,
offendeva l’Onore, e questo sì, in mancanza d’amore, era
irreparabile: la fissa dell’Onore – una paranoia bislacca
barocca e perfettamente autoreferenziale - è una delle nevrosi del
Seicento: l’altra è forse, oltre a Dio, la malinconia, che pare
per un imponderabile istante svanire come nebbia al sole.
La
fissa del Settecento è l’eleganza, la semplicità esatta,
qualcosa che ha a che fare con il Gusto, per cui, fissandocisi
troppo, si finisce col trovare grossolani Dante, Shakespeare e
Bach!...
Dall’altra
parte, la scoperta leggera di quanto sia a portata di mano
l’intelligenza, fa riconoscere la vocazione invariabilmente
stupida del Mondo, per cui il saggio sarà ironico e pudico,
disincantato e mai ossessivo: come dice Voltaire, e sembra il Tao,
alla sua morte lascerebbe volentieri il mondo come l’ha trovato...
- ...Qua e là, naturalmente, si intuisce – all’inizio non più
che un trasalimento - la sensazione che si sta pattinando su un
ghiaccio pericolosamente sottile, e che proprio sotto i piedi gli
abissi aspettano, semplici voraci e pazienti. - Già Mozart si sa
fare sconcertantemente malinconico, o scatenarsi come una tempesta
di bora. Anche nei romanzi, s’impara che, a giocare troppo col
fuoco, si rischia se stessi irreparabilmente: non è detto che una
notte di sesso possa restare elegantemente Senza Domani, e che il
gioco a quattro d’una coppia che s’incrocia resti una geometria
di libidine elegante: le affinità elettive sono demoniche, e
facilmente ci si scopre non più signori delle proprie voglie di
quanto una nuvola sia padrona della sua forma.