"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 4, aprile 2003


 

 

    9. L'amore recitato

 

 

ZERLINA:
(Vorrei e non vorrei,
Mi trema un poco il cor.
Felice, è ver, sarei,
Ma può burlarmi ancor.)
 
DON GIOVANNI: Vieni, mio bel diletto! 
ZERLINA: (Mi fa pietà Masetto.) 
DON GIOVANNI: Io cangierò tua sorte. 
ZERLINA: Presto... non son più forte. 
DON GIOVANNI: Andiam!

ZERLINA: Andiam!

 

A DUE:

Andiam, andiam, mio bene.
a ristorar le pene
D'un innocente amor.


Si domanda Jean-Victor Hocquard: “Come mai questo dialogo, che è destinato a presentare il libertino mentre seduce una povera fanciulla, a farcelo sorprendere in flagrante delitto di abuso di fiducia, come mai questo dialogo è uno dei più bei duetti d’amore di tutto il repertorio lirico? Come mai è aureolato da tanta grazia e, cosa ancor più stupefacente, improntato a tanta purezza?”

E si risponde; “Meraviglia dell’ambiguità mozartiana! Ogni volta che don Giovanni si rivolge a una donna non può impedirsi di essere affascinante, adottando per ognuna di esse il linguaggio più adeguato a sedurla.”


Che l’amore cinicamente recitato s’esprima meglio d’un amore sincero, era chiarissimo in uno dei libri più belli che un italiano abbia mai scritto: il Libro del Cortigiano di Baldassar Castiglione, dove si legge che “Gli innamorati veri, come hanno il core ardente, così hanno la lingua fredda, col parlar rotto e subito silenzio; però forsi non saria falsa proposizione il dire: chi ama assai parla poco” (Libro III, cap. LV): che l’uomo davvero innamorato più che altro balbetti, era del resto un luogo comune forse non solo dei libri, da Catullo agli innamorati ardenti e imbranatissimi del Tasso…


 

            

  

 

 

 

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