"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 2, gennaio 2003

"L'Amore" di Stendhal - Figure "I Luoghi"


Illustrazioni di Francesco Gonin per la I ed. dei "Promessi Sposi"

 

Milano

Milano aveva 120.000 abitanti ed era piena di canali. Stendhal la amò al punto da rimpiangere l’odore dello sterco per le strade. Indimenticabile il racconto dell’arrivo a Milano dei francesi all’inizio della “Certosa di Parma”. A differenza del primo incontro con Parigi, dunque, non lo deluse affatto: Milano fu la felicità. Lì trovò l’amore, una “società” colta, la Scala… E la Lombardia dei laghi era per lui il paradiso in terra. 

Anche nel ricordo, l’entusiasmo gli sconnetteva la logica, sbiancava le immagini: “Come fare un racconto un po’ ragionevole di tante follie? Da dove cominciare? Come rendere un po’ comprensibile tutto questo? Ecco che già dimentico l’ortografia, come mi capita nei grandi slanci di passione, e si tratta tuttavia di cose avvenute trentasei anni fa… Che partito prendere? Come dipingere la felicità folle?” (Ricordi di Egotismo).

 

Ma tutto ha un fine. Non solo l’amore impossibile per Matilde lo spinse a tornare a Parigi.  

Un altro motivo dell’abbandono di Milano fu la “politica” complottarda e catastrofica dei Carbonari: in cui Matilde era coinvolta. Per Stendhal, quegli italiani che si mettevano a giochicchiare infantilmente ai rivoluzionari non sapevano quel che facevano… per lui, il fatto che l’Italia avesse la pretesa di risvegliarsi da se stessa, di uscire dal suo Eden irresponsabile, di farsi “Nazione” tra le nazioni, era la demenza moderna che sfondava uno degli ultimi cancelli illesi d’Europa: come potersi illudere che la politica possa dare la felicità? La politica è un gioco fatuo, bisogna essere dei vanitosi vuoti per goderne: cose che lui, il giacobino, sapeva per prova.  

Le trame dei carbonari non potevano che fallire subito e tragicamente: i loro inganni settari ebbero per unico frutto un po’ di vite spezzate per niente. 

 

 torna a  

               

torna su