Il
1827 fu un anno capitale, e non solo perché, pubblicò il primo romanzo
“Armance”.
In
Inghilterra uscì un’edizione francese di “Roma,
Napoli e Firenze nel 1817”:
ebbe una recensione di 9 pagine sull’“Edinburgh
Review”, e cioè di una
delle sue riviste preferite. La cosa influenzò la storia del libro: il
recensore non faceva che ripetere che il libro era “flippant”
(frivolo!), vedendo nella“flippancy”
un difetto, quando si tratta di
una delle doti più stupefacenti di Stendhal, che è il tono: la capacità
di scrivere di arte, viaggi, politica, donne, e insomma di
tutto, restando sempre libero da pedanteria, affettazione, sussiego,
boria…
Ma
la cosa lo ferì.
Spinto
da quella recensione, Stendhal riscrisse il libro, che uscì, aumentato,
in una seconda edizione con il titolo “L’Italie
en 1818”: l’idea era farne
il primo tomo di una ricerca sistematica sul costume degli italiani. Fu
un altro progetto abbandonato, anche se non del tutto: uscì una terza
edizione nel 1826, intitolata semplicemente “Roma,
Napoli e Firenze”: fresca
leggera e impulsiva come la prima.
Un’altra
opera perfetta per il tono musicale - una conversazione da viaggio
arguta, divagante, allegra, preziosa, felice - fu nel 1829 la guida
pratica per turisti della città “eterna” (?) “Passeggiate
romane”, libro che fu anche
un grande successo commerciale.