"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 2, gennaio 2003

"L'Amore" di Stendhal Da Henri Beyle a "Stendhal"

L'arte (sadica) della conversazione


Stampa dell'epoca: Stendhal, Vigny, Humboldt, Talleyrand, Gérard, Cuvier, Mérimér, Rossini

 

Per molti che lo conobbero, la vera arte di Stendhal fu la sua conversazione, pirotecnica. Tutti concordavano sul fatto che quel tozzo signore diventasse in un salotto un caos ben organizzato: effervescente, strampalato, libertino, illogico, cinico, paradossale, spiritoso, immorale, atroce, un “grosso Mefistofele”, un “macellaio italiano”… né si risparmiava: giocava sulla sua bruttezza d’anticipo, come Cyrano sul suo naso, e, all’occorrenza, era “maldestro per diletto” (“Ricordi di egotismo”). Diletto è la parola chiave.

 

Ghigliottinare tutti gli uomini over-50?, aggredire le donne che si desiderano fino magari allo stupro (lui così timido!)?… Non si doveva mai capire se stesse scherzando. Innumerevoli i sarcasmi soprattutto sul cristianesimo. George Sand e il suo De Musset, tra i tanti, ne furono scandalizzati.

Stendhal cercava in ogni caso l’imprevedibilità e amava, per gusto della contesa e spirito teatrale, sostenere il punto di vista opposto di chi avesse appena parlato, tanto più se pomposamente: come resistere alla tentazione di punire l’altezzoso che dimentica che la vita è un gioco?

 

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