“Se
muore, fai anche tu una brutta fine – ti ammazzo.”
(il
marito di una partoriente al dottor Bulgakov a Nikol’skoe)
Ma
non fu per evitare momenti così che Bulgakov - unico dei nostri quattro
dottori - smise di fare il medico. Il bivio tra le due professioni è in
buona parte in questa pagina di diario:
“Nei momenti di
malattia e solitudine (…) mi
pento amaramente di aver abbandonato la medicina condannandomi a
un’esistenza precaria. Ma, Dio lo sa, solo il mio amore per il lavoro
di scrittore ne è stato la causa (…). Forse non serve ai forti, agli
audaci, ma per uomini come me è di conforto vivere con l’idea di Dio.
I miei problemi di salute (…) possono impedirmi di lavorare, ecco
perché ho paura, perché ripongo in Dio le mie speranze (…).C’è
una vera banda di canaglie attorno a “Nakanune” (…). E’ la
ferrea mano della necessità che mi costringe a pubblicarvi le mie cose.
Senza “Nakanune” non
avrebbero visto la luce Appunti sui polsini e molte altre cose in
cui posso dire la mia verità di scrittore. Bisognerebbe essere un eroe
eccezionale per mantenere il silenzio quattro anni interi, e senza la
minima speranza di poter aprire bocca nel futuro. Sfortunatamente io non
sono un eroe…”
(Diario, 26 ottobre
1923)
Un
po’ di notizie: “Nakanune” (Alla vigilia) era una rivista pubblicata a Berlino
finanziata segretamente dal regime. Non facendo più il medico, Bulgakov
guadagnava qualcosa come reporter di “Rabočij”
(L’operaio) e
redattore del “Gudok” (Il
fischio), organo del sindacato dei ferrovieri.
Chissà
se poi Bulgakov avrebbe rinunciato alla medicina se non ci fosse stata
di mezzo la rivoluzione. - La professione viene lasciata dopo il 1920,
l’anno della disfatta dei Bianchi. Per conoscere l’importanza vitale
dei medici in quegli anni di carneficina, dà già un’idea il mitico Dottor Zivago
di Pasternak: troppo prezioso, un dottore, in questi tempi di sangue,
perché possa sperare di passarla liscia in mezzo alla storia tornata a
farsi macello!… Anche da qui, la scelta nella professione, almeno
inutile, di letterato.
Scampato
miracolosamente sia al tifo che ai Rossi, Bulgakov era arrivato a Mosca
nel 1921, dove - appunto - non è nessuno: altro che dottore!