Mi
ritrovai un giorno per casa, una delle solite dimenticanze del mio
adorabile nipote, un libro su Shakespeare dove si legge che con lui
siamo dove “il silenzio è patria e meta della parola”: ecco,
delle parole, e delle note!
(Lo
so che son cose che, quando tutto va bene, s’imparano soprattutto da
soli e appena invecchiando: allora, a certi “brillanti”, una volta
così stupefacenti nei trilli e nelle ottave, capita, perdendo la luce
della destrezza eccessiva, di diventare non solo buî ma profondi. -
Che la musica conservi il segreto d’una certa forma di saggezza? A
volte persino io, così disincantata, lo penso: quando sento, sotto le
mani di qualche grande vegliardo, certe note venire davvero come le
parole d’addio degli amanti di quel lambiccato di John Donne: note
come sussurri che “fluttuano via dolci”, dagli armonici sospesi su
silenzi consapevoli: basta allora il quasi niente del basso albertino
d’una sonatina perfidamente facile di Mozart, per ritrovarsi
nell’abisso: ricordate il vecchio Claudio
Arrau?).