"Il Compagno segreto" - Lunario letterario. Numero 5, ottobre 2003

 


Interviste impossibili  di Giorgio Manganelli

 

 

 

 

14. Policromi cilindri

 


È poco ma sicuro, “da che ci sono i barbieri gli orchi non ci sono più.” (Improvvisi per macchina da scrivere).

Perché il Barbiere in fondo è come il taumaturgo: impone le mani meglio d’un qualunque Ugo Capeto; ed è così straordinariamente elegante nell’uso della lama, affilato sciabolino, che gli è concesso sedere, lassù, addirittura nel Coro degli Esatti (ognun sa: “una lama rozza sa di violenza”). E poi, come sa farti lievitare su tappeti di talco mentolato, gettarti nella titillante morbidezza d’un massaggio balsamico, restituirti ai vapori onirici d’un hamam, col semplice gesto d’abbuiare gli occhi nel tepore d’un cotone inumidito… Ha un che di negromantico il barbiere, è innegabile: “figura secolare, qualcosa di umile e insieme di sacro: in altri tempi, cavadenti, tecnico delle sanguisughe, personale paramedico degli antichi gladiatori.” 

E volendo, persino un’aura misticamente arcaica, soprattutto per via dell’eco caleidoscopico che si effonde da Giuliano l'Apostata misopogone agli ipnotici cilindri rossoblu che, fuori della bottega, ci rammentano retaggi d’insegne medievali. Figaro se ne sta infatti lì, nobilmente issato in cima a pinnacoli di gerarchie feudatarie: a lui concedono servigi orde di apprendisti squartatori, innocui ragazzi spazzola, e, un tempo, finanche ascetici assaggiatori di rasoi! (almeno a quel che delira il disarmante Ceronetti).

Consideriamo poi un dato fondamentale per comprendere un simile amore per la casta: il Manguro è animale dotato naturalmente di mustacchi, e da sempre! Già prima della nascita, una salda compagine di peletti protegge gelosamente le sue labbra, e senza neanche il bisogno di mute o combinazioni gametiche! I baffi, lui, li ha di serie! (Barba invece, barba se ne vide mai. Chissà, forse concessione alla modestia - procrastinare in tal modo rabbinica saggezza? -, o più probabile tributo alla civiltà della glabritudine, indi per cui promosso ipso facto “zarista d’affezione”…di un tipo così, infatti, Piotr il Grande avrebbe fatto maestoso boiardo, genere portafogli da diecimila anime morte… (In compenso però, pesanti occhiali divenuti ormai più corporali degli occhi: evidente sintomo di stoltezza, così almeno secondo quanto oracolava il suo Nostradamus). 

“Io venero i barbieri. Penso con orrore ad un mondo in cui non vi siano barbieri; in cui nessuno intervenga con mano leggera ed occhio cauto a levigarmi le gote, a lavorarmi i capelli con mano sapiente da giardiniere. Quando entro dal barbiere sono consapevole di essere uno sconcio oltraggio alle grazie della civiltà; irti i cernecchi, mal rasato, aggrovigliati i baffi, fiducioso mi consegno al barbiere perché riporti alla luce il mio trascurato lindore. Mi piace, quando il barbiere ha completato l’opera, contemplare nello specchio quel signore che ha il mio stesso nome e cognome ma è tanto più garbato, amabile, assolutamente civile. Entro in veste di cavernicolo che fa abortire di orrore le giovani spose, ne esco saggio ed elegante diplomatico, pronto a scambiare garbate battute  sulla guerra Nucleare con i grandi della terra, mentre la regina di Inghilterra mi guarda con  cortese condiscendenza. Tutto questo può farlo il barbiere e nessun altro” (Improvvisi per macchina da scrivere).


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