È poco ma sicuro,
“da che ci sono i barbieri gli orchi non ci sono più.” (Improvvisi
per macchina da scrivere).
Perché il Barbiere in
fondo è come il taumaturgo: impone le mani meglio d’un qualunque Ugo
Capeto; ed è così straordinariamente elegante nell’uso della lama,
affilato sciabolino, che gli è concesso sedere, lassù, addirittura nel
Coro degli Esatti (ognun sa: “una lama rozza sa di violenza”). E
poi, come sa farti lievitare su tappeti di talco mentolato, gettarti
nella titillante morbidezza d’un massaggio balsamico, restituirti ai
vapori onirici d’un hamam, col semplice gesto d’abbuiare gli occhi
nel tepore d’un cotone inumidito… Ha un che di negromantico il
barbiere, è innegabile: “figura secolare, qualcosa di umile e insieme
di sacro: in altri tempi, cavadenti, tecnico delle sanguisughe,
personale paramedico degli antichi gladiatori.”
E volendo, persino
un’aura misticamente arcaica, soprattutto per via dell’eco
caleidoscopico che si effonde da Giuliano l'Apostata misopogone agli
ipnotici cilindri rossoblu che, fuori della bottega, ci rammentano
retaggi d’insegne medievali. Figaro se ne sta infatti lì, nobilmente
issato in cima a pinnacoli di gerarchie feudatarie: a lui concedono
servigi orde di apprendisti squartatori, innocui ragazzi spazzola, e, un
tempo, finanche ascetici assaggiatori di rasoi! (almeno a quel che
delira il disarmante Ceronetti).
Consideriamo poi un
dato fondamentale per comprendere un simile amore per la casta: il
Manguro è animale dotato naturalmente di mustacchi, e da sempre! Già
prima della nascita, una salda compagine di peletti protegge gelosamente
le sue labbra, e senza neanche il bisogno di mute o combinazioni
gametiche! I baffi, lui, li ha di serie! (Barba invece, barba se ne vide
mai. Chissà, forse concessione alla modestia - procrastinare in tal modo
rabbinica saggezza? -, o più probabile tributo alla civiltà della
glabritudine, indi per cui promosso ipso facto “zarista
d’affezione”…di un tipo così, infatti, Piotr il Grande avrebbe
fatto maestoso boiardo, genere portafogli da diecimila anime morte…
(In compenso però, pesanti occhiali divenuti ormai più corporali degli
occhi: evidente sintomo di stoltezza, così almeno secondo quanto
oracolava il suo Nostradamus).
“Io venero i
barbieri. Penso con orrore ad un mondo in cui non vi siano barbieri; in
cui nessuno intervenga con mano leggera ed occhio cauto a levigarmi le
gote, a lavorarmi i capelli con mano sapiente da giardiniere. Quando
entro dal barbiere sono consapevole di essere uno sconcio oltraggio alle
grazie della civiltà; irti i cernecchi, mal rasato, aggrovigliati i
baffi, fiducioso mi consegno al barbiere perché riporti alla luce il
mio trascurato lindore. Mi piace, quando il barbiere ha completato
l’opera, contemplare nello specchio quel signore che ha il mio stesso
nome e cognome ma è tanto più garbato, amabile, assolutamente civile.
Entro in veste di cavernicolo che fa abortire di orrore le giovani
spose, ne esco saggio ed elegante diplomatico, pronto a scambiare
garbate battute sulla
guerra Nucleare con i grandi della terra, mentre la regina di
Inghilterra mi guarda con cortese condiscendenza. Tutto questo può farlo il barbiere e
nessun altro” (Improvvisi per macchina da scrivere).